Le imprese hanno grosse responsabilità per quanto i movimenti studenteschi e accademici hanno imposto e stanno imponendo alla società. Complice la strage a Gaza i giovani sono di nuovo sugli scudi. Non è una novità e anzi va bene. Un po' di sana ribellione per cause nobili aiuta la crescita e riempie di senso della vita quell'età.
Agitano slogan e pensieri brevi, piuttosto scollegati tra loro o almeno di non chiara né diretta congiunzione, e sorvoliamo sulla mancanza di causalità tra le azioni pretese e gli obiettivi. Insomma, una bella insalata, anzi poke, quella che mette insieme la qualunque e non sa di niente. No, su tante cose i giovani hanno torto, torto marcio. Inseguono degli ideali fuori dalla realtà. Il mondo va migliorato, per carità, ma dentro quella logica che gli uomini sentono e esprimono. Non perché sia giusto, ma perché non c'è altro modo.
Tuttavia, questi sono loro e non potrebbero essere diversi. Fanno i ragazzi e giocano la loro palla. Dicono cose sensate o campate per aria? Quando la palla arriva nel campo nostro, si può e si deve discutere. Innanzitutto per rispetto. Sono i nostri figli, meritano un confronto serio, nel merito. Noi boomers non l'avemmo. Ricevemmo spallucce indifferenti o appoggio acritico e anche interessato. Sì perché gli studenti fanno anche molto comodo, quando lanciano il cuore oltre l'ostacolo. Non finì affatto bene. Qualcosa di buono portammo a casa, ma anche tante fesserie di cui ancora paghiamo il prezzo. Ma soprattutto tanti ci rimisero la vita, la loro e quella di altri, solo perché credevano ne valesse la pena.
Tornando a questi di oggi, su un punto hanno ragione: il cinismo delle imprese e dell'economia. Perseguono solo e sempre il profitto (che va bene, intendiamoci) senza però un briciolo di quella responsabilità sociale di cui invece si riempiono la bocca e i bilanci. Davanti alle proteste che le attaccano tengono un profilo basso e cerchiobottista. Avere a cuore i giovani e la società di domani imporrebbe il confronto, approfondito e formativo. Invece lisciano loro il pelo e per convenienza arrivano persino a schierarsi con loro. Un po' li assecondano e si scusano, un po' assumono azioni concrete e marginali contro le loro stesse attività. Si adattano, accettando anche di ridurre le operazioni; non i profitti, però.
Questo aiuta? Costruisce? È impegno sociale? No e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Molte pretese dei giovani verso le imprese e l'economia se scaricate a terra non camminano, la gente non le vuole. Gli stessi studenti potrebbero vedere il cortocircuito. Ma qualcuno gliel'ha mai mostrato, con argomentazioni e con pazienza? Ma no, perché prendersi questo fastidio? Meglio lasciare che la bolla si gonfi e che la gente pensi sia reale. Questa non è responsabilità sociale e nemmeno rispetto. Quando rispetti spieghi le tue ragioni, le ragioni della realtà, per quanto complessa e anche sgradevole sia. Li tratti da adulti e se non li convinci amen, col tempo capiranno.
Non puoi piacere a tutti. Invece il comportamento tipico è di assecondare in cambio di quel greenwashing che fa tanto comodo. Al Vinitaly hanno presentato i tappi green a emissioni zero: forse un bel respiro aiuterebbe.
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