Anselma Dell'Olio è una femminista americana del gruppo storico. Quello degli anni sessanta e settanta. Giornalista, saggista, autrice di cinema e Tv, vive in Italia da anni. Ha sposato Giuliano Ferrara. È ancora cittadina degli Sati Uniti.
Signora Dell'Olio, ora Trump cosa farà?
«Non lo so. La domanda che mi faccio è questa: Trump, come ha sempre fatto, difenderà Israele, o si farà convincere da Putin a cambiare posizione?».
Israele è contenta della vittoria di Trump o ha paura?
«I miei amici israeliani stanno festeggiando».
Ma qual è l'idea di America che Trump accredita nel mondo?
«Se Trump riuscirà a portare l'Iran a miti consigli e a impedire che si doti dell'arma atomica, beh sarebbe un bel risultato».
L'ideologia woke ha fatto molti danni. A lei piace?
«No, per carità!».
Quando è iniziato il woke?
«Oh, tanto tempo fa. È iniziato nel 68. Siamo noi femministe sessantottine che abbiamo cominciato a imporre il politcally correct. Io questo lo riconosco».
E cioè che idee avevate?
«La passione per i diritti, la giustizia per gli oppressi, partendo dalla giustizia per le donne, che allora guadagnavano il 40 per cento di quello che guadagnavano i maschi per gli stessi lavori».
E lei partecipò a quelle lotte?
«Si, certo. Io c'ero. Erano lotte giustissime».
Poi?
«Poi quelle idee sono via via scadute, fino ad arrivare ai nostri giorni con le donne trans che invadono lo sport femminile rischiando di ucciderlo».
Questa è la ragione della vittoria di Trump?
«Non è la sola ragione di questa vittoria di Trump, ma è una delle ragioni».
Ma lei ha votato per Trump?
«Oh, no. Mai. Neanche sotto tortura. Anche se condivido alcune delle sue idee».
Perché non poteva votarlo?
«Perché io non voto uno che usa il turpiloquio come fosse una preghiera. E che è pieno di condanne per vari reati. E poi non lo avrei mai votato perché lui è uno che non ha nessun rispetto per la Costituzione, per le leggi, per l'equilibrio tra i poteri. Diciamo per la democrazia».
Però?
«Però io mi dicevo: se vince almeno metterà a posto l'Iran. E poi c'è un'altra ragione alla base della vittoria di Trump».
Me la dica
«C'è stata una sequenza di vittorie democratiche, una dopo l'altra: Obama due volte, poi Biden, se avesse vinto la Harris sarebbe stata la quarta. È anche giusta l'alternanza tra democratici e repubblicani. Gli americani lo sanno».
Alla vigilia si diceva: nessuna donna voterà per Trump.
«Era una cretinata».
Beh, c'è la questione dell'aborto
«La maggioranza degli americani vuole l'aborto. Ma non era questo il problema in cima ai loro pensieri».
Quale era il loro pensiero dominante?
«Gli elettori hanno scelto il programma economico di Trump».
Ha contato l'economia?
«Sì ho sentito tanti che dicevano: i democratici alzano le tasse. Non erano trumpisti. Solo volevano proteggere i propri soldi».
I soldi erano a rischio?
«Ieri sera parlavo con un mio amico giornalista che oggi ha 65 anni. Mi diceva: Quando siamo entrati noi al giornale, sapevamo che la carriera, se eri competente e zelante, sarebbe decollata. E tu negli anni futuri avresti guadagnato molto di più. Per i miei colleghi cinquantenni non è più così: l'insicurezza economica è diffusa in tutta l'America».
Tutto il resto passa in seconda linea?
«Sì. Anche l'aborto».
Il femminismo americano è ancora vivo?
«Quando negli anni sessanta nacque il femminismo, era femminismo vero. Poi noi ci siamo un po' stufate. Ci siamo ritirate. Il movimento è stato preso in mano dalle donne gay. E ha iniziato a trasformarsi. Anche a sottomettersi ai maschi. Sono stati i maschi a chiedere i matrimoni gay, le adozioni. Poi sono arrivati i trans e hanno cacciato le lesbiche. I trans, se sono nati maschi, restano maschi. Questo è successo».
Il femminismo non esiste più?
«Esistono delle voci, una sensibilità. Ma non un femminismo vero e proprio. Il metoo è stato un aborto del femminismo. Quelle del metoo sapevano zero della storia, delle idee del femminismo. Non hanno mai assunto le proprie responsabilità. La responsabilità era nel dna del femminismo».
E in Italia?
«In Italia il metoo è durato due minuti».
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