Divampa ancora la violenza tra Israele e Hezbollah e continuano intensi i combattimenti in Libano. La situazione è estremamente allarmante e il rischio di trascinare tutta la regione in un conflitto più ampio con conseguenze inimmaginabili è alto. L'esercito con la Stella di David ha annunciato una terza ondata di attacchi aerei contro il Partito di Dio ieri, con l'obiettivo di distruggerne le capacità offensive. Nella mattinata l'Idf ha effettuato due massicci raid nel meridione del Paese e nella valle della Bekaa. Sono stati colpiti circa 1.600 obiettivi del gruppo sciita, per lo più case in cui erano immagazzinate armi. Nuovi avvisi di evacuazione sono stati inviati ai civili dall'esercito israeliano. Mentre migliaia di persone continuano a mettersi in viaggio per fuggire dal Sud del Paese: un esodo con pochi precedenti.
Sono almeno 660 i morti per ora, tra cui 50 minori, 94 donne e 4 paramedici; il giorno più sanguinoso dalla guerra civile del 1975-'90. Nel mirino di Israele nell'attacco di ieri a Dahiyeh nella periferia sud di Beirut anche il capo della divisione missilistica di Hezbollah, Ibrahim Qubaisi, più altri 6 morti e 15 feriti. L'Idf ha precisato che sono stati eliminati pure altri comandanti di alto livello. Il capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi ha tuonato: «Hezbollah non deve avere tregua». E Benjamin Netanyahu ha confermato: «Israele continuerà a colpire il Partito di Dio».
Non è tardata ad arrivare la reazione del gruppo sciita libanese al fuoco di Tel Aviv. Sono stati lanciati più di 100 razzi verso il Nord di Israele. Sono suonate le sirene ad Haifa, Safed, Nazareth e Yokneam, e in tutta la Galilea. Le schegge di un missile intercettato hanno ferito leggermente una donna di 58 anni e anche un riservista a Sud di Haifa. Cinque razzi sono stati lanciati nella valle di Jezreel. E un'altra raffica è stata sparata contro l'area di Kiryat Shmona. A sera tre droni di Hezbollah carichi di esplosivo sono stati lanciati contro la base di Atlit della Marina israeliana, a Sud di Haifa. Almeno due sono stati intercettati dalle difese aeree.
In Libano la macchina dei soccorsi è ormai in panne. Alcuni ospedali sono stati sopraffatti dal numero di morti e feriti, che si aggiungono a quelli colpiti dalle esplosioni di cerca-persone e walkie-talkie della scorsa settimana. La situazione sta diventando ingestibile e il Paese è nel caos. Il sindaco di Sidone, Hazem Khader Badieh, ha detto che 10mila rifugiati hanno trascorso la notte in città e che il numero di scuole aperte come rifugi è aumentato da quattro a circa 16. L'agenzia di stampa nazionale libanese ha precisato che le organizzazioni internazionali devono «tendere una mano e fornire i beni necessari agli sfollati, diversi istituti necessitano di manutenzione, acqua potabile ed elettricità».
L'emergenza è alta e in Libano sono stati già allestiti 89 ricoveri per accogliere 26mila persone. Mentre circa 500 libanesi sono fuggiti in Siria. Oltre 30 voli sono stati cancellati all'aeroporto di Beirut. E la preoccupazione sale mentre la comunità internazionale è sgomenta. «Gli americani in Libano devono andarsene ora», ha intimato il portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby. Già due membri dello staff dell'Unhcr sono stati uccisi nei raid israeliani. Il Paese dei Cedri ha deciso di chiudere scuole e università fino alla fine della settimana.
E il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha sottolineato in un'intervista alla Cnn che Hezbollah «non può restare da solo» contro Israele. «Non dobbiamo permettere che il Libano diventi un'altra Gaza», ha denunciato mentre si trova a New York per l'Assemblea generale dell'Onu. E oggi si riunirà il Consiglio di sicurezz per discutere della crisi a Beirut.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.