L'omelia di Putin per Prigozhin: "Talento dal destino difficile". Ordigno o missile: i dubbi Usa

L'omicidio più lungo della storia. Era da due mesi che in molti vedevano in Evgenij Prigozhin, il capo del gruppo Wagner, un dead man walking, un morto che cammina

L'omelia di Putin per Prigozhin: "Talento dal destino difficile". Ordigno o missile: i dubbi Usa
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L'omicidio più lungo della storia. Era da due mesi che in molti vedevano in Evgenij Prigozhin, il capo del gruppo Wagner, un dead man walking, un morto che cammina. E ora che l'ex chef di Vladimir Putin è morto precipitando con l'aereo che lo stava portando da Mosca a San Pietroburgo in pochi hanno dubbi su chi abbia ordinato di abbattere quell'Embraer E35 Legacy 600, eseguendo una condanna a morte che lo Zar aveva emesso sulla testa del mercenario fin da quando questi aveva comandato la rivolta del 24 giugno, la marcia su Mosca poi abortita.

C'è il movente, c'è il mandante, quel Putin che ieri ha promesso indagini severe su quello che lui continuan a definire un «incidente» e che ha fatto le condoglianze ai familiari di Prigozhin, che lui così ricorda: «Era un uomo con un destino difficile. Aveva talento ma aveva commesso alcuni gravi errori nella sua vita». E c'è anche il cadavere (il corpo carbonizzato di Prigozhin sarebbe stato identificato da «prove circostanziali», come il telefono ritrovato nel punto in cui è precipitato l'aereo, ma per la certezza ci vorrà la prova del Dna). Resta incerta la dinamica: l'aereo è stato colpito da un missile oppure a bordo c'era una bomba? Ipotesi questa che nel pomeriggio di ieri ha preso piede: secondo Christopher Steele, ex funzionario dell'intelligence britannica, si sarebbe trattato di un ordigno piazzato una cassa di vino ricevuta in dono dai passeggeri del volo prima dell'imbarco. «Una fine ironica per l'ex cuoco di Putin». E considerando lo spietato cinismo dello Zar, non sarebbe una suggestione da scartare.

Le indagini nel punto dello schianto, nei pressi del villaggio di Kujenkono, nella regione di Tver, a 180 chilometri da Mosca, vanno avanti. I dieci corpi, quello di Prigozhin, del suo numero due Dmitri Utkin, di altri cinque «colletti bianchi» della brigata di mercenari e dei tre poveri componeti dell'equipaggio, sono stati trovati tutti ma in condizioni di irriconoscibilità. Il sito per il tracciamento dei voli Flightradar24 ha registrato che il jet di Prigozhin prima di scomparire dai radar avrebbe operato bruschi cambi di altitudine: da 28mila a 30mila piedi e poi su e giù per un po' prima dell'esplosione, avvenuta alle 18,11 ore locali, le 17,11 italiane mentre il velivolo viaggiava a 950 chilometri orari.

Gli inquirenti russi propendono per un atto terroristico a bordo: l'esplosivo sarebbe stato sistemato nel vano del carrello di atterraggio dell'aereo con la complicità di Artem Stepanov, il pilota personale di Prigozhin, che sarebbe ricercato dalla polizia e irrintracciabile. Una storia che puzza lontano un miglio di depistaggio. Le fonti Usa si dividono: per i funzionari sarebbe colpa di «un missile terra-aria proveniente dall'interno della Russia» (fonte Reuters) o di «una bomba a bordo o un'altra forma di sabotaggio» (fonte Wsj). Comunque sempre con la firma del Cremlino.

Nel mondo in pochi hanno dubbi su questo. Si può scegliere tra la certezza assoluta di Volodymyr Zelensky («tutti si rendono bene conto di chi c'entra»), la prudenza di facciata della Francia («esistono ragionevoli dubbi sulle condizioni dell'incidente aereo», fa sapere Parigi), la praticità dell'Europa («come tante cose in Russia è molto difficile per noi verificare», dice il portavoce della Commissione europea Peter Stano). Ma l'analisi dell'Isw, il think tank americano specializzato in guerra, taglia corto: «Putin ha quasi certamente ordinato al comando militare russo di abbattere l'aereo di Prigozhin... probabilmente in un tentativo pubblico di riaffermare il suo dominio e di vendicarsi». Dell'umiliazione del 24 giugno, naturalmente.

Per i miliziani di Wagner allo sbando ieri è stato il giorno zero.

Mentre la sede di San Pietroburgo della brigata si riempiva di fiori e omaggi, ai miliziani tuttora in Bielorussia, a cui Minsk ha ieri tagliato internet per evitar loro di comunicare, i vertici sopravvissuti del gruppo hanno chiesto via Telegram prudenza e tempo: «Mantenete il controllo. Non fate nulla di stupido». Ma chi li conosce descrive i mercenari come agitati e impauriti. Le condizioni ideali per fare qualcosa di stupido, appunto.

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