Ormai è guerra aperta tra la Lega e i Cinque Stelle. I due ex alleati hanno, infatti, visioni diametralmente opposte su come gestire la crisi di governo: Matteo Salvini vuole portare gli italiani al più presto alle elezioni, mentre i pentastellati studiano un inciucio per tirare in lungo la legislatura. Lo ha detto chiaro e tondo Beppe Grillo in un post che invita i suoi a mollare i "barbari" leghisti e ad andare avanti sondando maggioranze e alleanze alternative a quelle portate avanti fin qui insieme al Carroccio. E lo sta attuando Roberto Fico che non ha alcuna intenzione di affrettare i tempi della sfiducia a Giuseppe Conte e favorire così la corsa del leader leghista alle urne.
Le trame dei grillini
Per Salvini l'importante è che il Paese vada a votare al più presto. "Poi - ha detto ai microfoni del Tg 3 - se le gestisce qualcun altro sono anche più contento... così ho più tempo". Sul proprio calendario ha segnato il 13 ottobre. Ma deve fare i conti con un parlamento zeppo di politici che non vogliono affatto perdere lo scranno. I primi sono i grillini. In queste ore Luigi Di Maio ha sondato le disponibilità a sostenere un governo "traghettatore" che abbia tra gli obiettivi cardine il taglio dei parlamentari. "Che sia la Lega, il Pd, Forza Italia o chiunque altro ad appoggiarla non ci importa - ha scritto oggi su Facebook - ci importa che si faccia. E che si faccia prima delle dichiarazioni di Conte alle Camere". Ovviamente l'appello è inditrizzato al Partito democratico che ha i numeri per il ribaltone. Nei corridoi del potere già se ne parla. "Anticipare il ddl Fraccaro - riferiscono all'agenzia LaPresse fonti vicine a Di Maio - non escluderebbe le dimissioni di Giuseppe Conte che potrebbe anche salire al Quirinale e dimettersi, senza essere sfiduciato, dando al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la possibilità di contare sul nuovo asse M5S e Pd per un eventuale governo traghettatore o di 'garanzia elettorale' fino al prossimo anno". In cambio del taglio dei parlamentari, secondo un retroscena di Repubblica, i grillini sarebbero disposti a dare ai dem la riforma della legge elettorale in chiave proporzionale. Insomma, l'idea è di formare una maggioranza dal "percorso costituzionale" che non dispiaccia al capo dello Stato.
I movimenti nel Pd
Fantascienza? Difficile a dirsi. In chiaro dal Pd fioccano solo rifiuti. "Non esistono le condizioni politiche - ha sentenziato Nicola Zingaretti - per un altro governo, almeno con il Pd". Ma, con buona pace del segretario del Pd, i renziani si starebbero già muovendo nonostante Matteo Renzi abbia invitato a non prendere seriamente certi rumor di Palazzo. In giro dicono anche che l'obiettivo potrebbe essere quello di mettere in piedi un governo di scopo che sventi l'aumento dell'Iva e traghetti il Paese alle urne nel 2020. In realtà, secondo i ben informati, questa "manovra" aiuterebbe l'ex premier a prendere tempo e a preparare il nuovo partito e la scissione annunciata già da mesi. E non importa che Paola De Micheli abbia ricordato loro il documento approvato nell'ultima direzione che esclude in modo perentorio qualsiasi collaborazione con i penstastellati. Qualcuno è, infatti, già uscito allo scoperto e non è detto che già nelle prossime ore non ci sia qualcun altro a farsi avanti.
Il partito del non voto
Nonostante il timore di un "inciucio" tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico, Salvini continua a tirare dritto per la sua strada. Vorrebbe votare la sfiducia a Conte già prima di Ferragosto. Anche qui, però, i suoi piani si infrangono contro il muro dei Cinque Stelle. Su Facebook il presidente della Camera Roberto Fico gli ha ricordato che sono i presidenti di Camera e Senato a convocare le Camere ("Nessun altro"), che "la programmazione dei lavori dell'aula si stabilisce all'interno di una riunione chiamata conferenza dei capigruppo e in nessun altro luogo" e che "il presidente della Repubblica è il solo che può sciogliere le Camere e convocare le elezioni anticipate, nessun altro". Tutti, poi, guardano a Conte che continua a starsene in disparte. Un gioco che, a detta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, prelude a "una rottura traumatica". "Una separazione consensuale era la cosa più ragionevole - ha spiegato al Tg2 - ma Conte non si vuole dimettere e preferisce andare a una conta in Aula...".
Già in quell'occasione si capirà chi vuole andare a elezioni e chi, invece, cerca un nuovo accordo. E il partito del non voto, quando Mattarella farà le consultazioni, potrebbe essere più nutrito di quanto non si osi pensare oggi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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