Sono l'ala dura del governo di Benjamin Netanyahu, i sionisti, la destra messianica sulla quale finora si è retta la maggioranza del primo ministro e che lo ha spinto sulla linea del pugno di ferro contro Hamas nella Striscia di Gaza. Per mesi hanno avvertito, minacciato di non voler fare alcuna concessione agli islamisti palestinesi e ora vogliono che la guerra non finisca fino al totale sradicamento di Hamas. È anche a causa loro che ieri è slittata la riunione di Gabinetto e governo per dare il via libera all'accordo di tregua per Gaza. Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale e leader del partito Potere Ebraico, minaccia di dimettersi e con lui i suoi deputati. Ma Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader di Sionismo Religioso non lo ha seguito e ha tenuto ieri con il premier in sesto incontro in due giorni. Dopo l'annuncio per un cessate il fuoco a Gaza, Smotrich ha parlato di accordo «cattivo e pericoloso per la sicurezza dello Stato d'Israele» e ha precisato che i ministri del suo partito voteranno contro. L'intesa è probabile che passi comunque, con i voti dei centristi e dell'opposizione, il cui leader Yair Lapid ha offerto «una rete di sicurezza politica» per portare avanti l'accordo. Ma è probabile che resti una soluzione temporanea. L'unica condizione per restare nella coalizione è che il primo ministro accetti il «ritorno di Israele in guerra per distruggere Hamas» dopo la prima fase dell'intesa e rilascio degli ostaggi, ha avvertito Smotrich. Già nei giorni precedenti il collega Ben Gvir lo aveva invitato a unirsi a lui per respingere l'accordo e abbandonare l'esecutivo. Quanto davvero queste minacce si tradurranno in realtà è ancora da vedere.
I numeri dicono che, se anche l'intesa su Gaza passerà senza i voti di Ben Gvir, la coppia dell'estrema destra potrà mettere in seria difficoltà la maggioranza di Netanyahu in futuro. Dei 120 seggi complessivi della Knesset, su una maggioranza assoluta di 61, Potere ebraico di Ben Gvir ha 6 deputati, Sionismo Religioso di Smotrich ne ha 7 e poi c'è Noam, che ne ha 1. I loro voti sono stati fin qui cruciali a Netanyahu per governare con 68 seggi e una maggioranza assoluta. Un governo di minoranza è pur sempre una possibilità, ma rischia di essere un serio problema in una fase così delicata per Israele. Se di Ben Gvir il premier può fare a meno, con l'addio dei deputati di Smotrich la situazione si farebbe ben più complessa.
La loro potrebbe essere una fruttuosa strategia per ottenere ancora più concessioni per i coloni
israeliani e una maggiore presenza in Cisgiordania. Smotrich potrebbe votare contro l'intesa senza abbandonare l'esecutivo. Nelle prossime ore si conoscerà il destino dell'accordo e in parte anche il futuro politico di Netanyahu.
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