Picco dei contagi, l'ipotesi di fine gennaio. Ma scienziati prudenti: "Troppe variabili"

L'infettivologo Galli: "Mi auguro che la curva fletta entro questo mese". Battiston: "Attenti a Delta, circola ancora e colpisce i non immuni"

Picco dei contagi, l'ipotesi di fine gennaio. Ma scienziati prudenti: "Troppe variabili"

Gli esperti si arrovellano per capire quando raggiungeremo il picco di Omicron, il nuovo tsunami che provoca un raddoppio dei contagi ogni cinque giorni. Ormai la nuova variante sta dilagando in tutto il paese, da Nord a Sud e lo si ritrova nelle acque reflue di ben 14 regioni (un mese fa era stata segnalata solo in Veneto e Friuli-Venezia Giulia).

Qualcuno azzarda ipotesi spannometriche. «Mi auguro a fine mese», accenna l'infettivologo Massimo Galli, che poi arretra: «Da come sale, la curva non lascia fare previsioni certe, ma la diffusione è un dato di fatto. Realisticamente mi aspetto ancora una crescita per diversi giorni e questo credo imponga prudenza».

Più cauto nella tempistica del picco è Roberto Battiston, che «litiga» con i numeri e i grafici tutto il giorno. «Ci sono troppe variabili ed è troppo presto per capire quanto Omicron sia diffusa in Italia e quanto inciderà sui casi gravi», spiega il fisico. Che però si sbilancia in una stima. «Attualmente credo che la nuova variante abbia già raggiunto l'80 per cento di diffusione, però tracciamo così poco che questa rimane solo una stima. Ma circola ancora molto anche Delta, la variante che in questo momento sta assediando soprattutto i non vaccinati e spesso li manda in ospedale e in terapia intensiva».

Gli effetti di Omicron sugli ospedali, dunque, non si vedono ancora. «Oggi la crescita dei reparti e delle terapie è costante, circa di 3,5 per cento al giorno, non dissimile di quello che è stato nelle ultime settimane. Ma così il sistema sanitario tra tre-quattro settimane arriverà alla saturazione. Sia per la Delta che colpisce i non vaccinati sia per l'Omicron che, anche se meno pericolosa, farà aumentare i casi ospedalizzati in valore assoluto. E gennaio sarà il mese in cui il sistema sanitario sarà sotto stress».

Battiston ancora non si sbilancia su quanto possa essere pericolosa Omicron. «Se ci fosse un effetto sui ricoveri, ci aspetteremmo una discontinuità sui numeri, spiega il fisico, ma ancora non si vede. Per ora sappiamo che la Delta continua a mietere vittime tra i No vax e lo farà ancora per parecchie settimane. E siccome non si può rimuovere la Delta per legge bisogna correre con le misure di contenimento».

Ma cosa fare? «Più vaccini, più terze dosi, subito il super green pass esteso al mondo del lavoro. Perché si è aspetta così tanto? Le questioni politiche al virus non interessano. Si parla di obbligo vaccinale per chi lavora a partire da febbraio ma se dal punto di vista politico è un compromesso, dal punto di vista epidemiologico è preziosissimo tempo andato perduto». Anche sul pianeta scuola Battiston è preoccupato. «La dad non fa bene agli studenti ma la riapertura senza misure adeguate è un timore fortissimo. Si rischia che sia il virus a imporre la dad a tutti, i tamponi di Figliuolo staneranno molti positivi, occorre prendere subito misure adeguate di contenimento». E cita l'esempio virtuoso della Germania: «Dalla stretta dei primi di dicembre, lì tengono le scuole aperte ma viene fatto un tampone a ogni studente ogni due giorni e ogni classe è dotata di un sistema di areazione. Da noi ancora il tracciamento non è ancora partito e quanto all'areazione si aprono le finestre in modo volontaristico».

C'è molto ancora da fare, per fortuna siamo in molti ad essere vaccinati. Ma non tutti. «Uno studio dell'Ispi mostra che l'Omicron, per i non vaccinati, è cinque volte più mortale dell'influenza spiega Battiston -. Questo significa che darà un contributo addizionale anche alle ospedalizzazioni e ai decessi».

E da Oltremanica arrivano notizie non molto confortanti: «Anche loro non hanno raggiunto il picco ma da quando Omicron ha preso il sopravvento, i ricoveri che erano costanti dopo circa 10 giorni hanno iniziato a crescere».

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