Afghanistan, come santuario dei terroristi, è cento volte più pericoloso rispetto all'11 settembre. Adesso ci sono 22 gruppi del terrore, che dispongono di armamenti, tecnologie e possibilità di addestramento ben superiori rispetto al 2001. Temo che prima o poi ci sarà un attacco in Occidente più devastante delle Torri gemelle». Non nutre dubbi il colonnello Zhaki Khoistani, che ha combattuto nei corpi speciali contro i talebani ed è stato addetto militare all'ambasciata afghana a Roma.
Un rapporto dell'Onu, che si basa su informazioni di intelligence degli Stati membri, calcola che solo i gruppi principali, al Qaida, Stato islamico e Talebani pachistani, contino nel Paese su 10mila uomini pronti a morire per la guerra santa. In Afghanistan i terroristi dispongono di dozzine di campi di addestramento, basi e caserme, comprese quelle abbandonate due anni fa dalle truppe occidentali.
E già colpiscono a livello regionale. Il Pakistan ha chiuso nelle ultime ore il principale passaggio di confine a Torkham. Il ministero degli Esteri di Islamabad ha chiesto all'Emirato talebano di «garantire che il territorio afghano non venga utilizzato come trampolino di lancio per attacchi terroristici contro il Pakistan». La super-organizzazione di gruppi jihadisti Tehreek-e-Taliban-e-Pakistan (TTP) ha sferrato oltre cento attacchi sul suolo pachistano dal novembre dello scorso anno.
La notte del 30 agosto un commando di Jamaat Ansarullah, uno dei 22 gruppi del terrore presenti in Afghanistan, ha passato il confine con il Tajikistan. Le forze di sicurezza locali hanno circondato gli intrusi. Nello scontro a fuoco sono stati uccisi tre terroristi e sequestrate numerose armi e munizioni. Il commando aveva fucili di precisione americani con silenziatore e un M-4 con visore notturno, che erano stati consegnati alle forze regolari afghane prima della Caporetto del 2021.
Il rapporto consegnato il 9 giugno al Consiglio di sicurezza dell'Onu spiega che dopo il ritiro occidentale «l'alleanza talebani-al Qaeda non ha fatto altro che rafforzarsi». A tal punto che il loro «ultimo leader, Ayman al Zawahiri, viveva in una casa sicura a Kabul gestita da un luogotenente del vice emiro e ministro degli interni dei talebani Sirajuddin Haqqani». Sulla sua testa c'è una taglia di 10 milioni di dollari dell'Fbi per terrorismo. Un drone della Cia ha incenerito al Zawahiri il 31 luglio 2022, ma al Qaida continua ad usare il Paese come santuario. L'Onu denuncia che la rete del terrore fondata da Osama bin Laden «opera in campi di addestramento in sei diverse province afghane, oltre a contare su case sicure e un centro media» per la propaganda jihadista ad Herat, che ha ospitato per 20 anni il comando delle truppe italiane.
Nell'Emirato ci sarebbero dai 30 ai 60 comandanti di al Qaida con 400 terroristi a disposizione, assieme a 1600 familiari e fiancheggiatori. I soldi arrivano dall'estero con il metodo di pagamento informale hawala «e attraverso i servizi di criptovalute». Al Qaida viene «monitorata» dal Dipartimento 12 del Direttorato generale d'intelligence talebana, che si occupa di tutti i gruppi estremisti e dei volontari stranieri. «Uno Stato membro (delle Nazioni unite, ndr) ha riferito dell'arrivo di 20-25 combattenti arabi in Kunar e Nuristan, dove ci sarebbe un campo destinato all'addestramento degli attentatori suicidi». Kohistani rivela che «dal mio ex comando e centro di preparazione dei corpi speciali a Rishkor, a sud di Kabul, mi giungono segnalazioni della presenza di personale non afghano. Stranieri che girano con il volto coperto».
L'elemento chiave più importante vicino ad al Qaida sarebbe Tajmir Jawad, numero due dell'intelligence talebana. L'Emirato smentisce tutto con sdegno, ma non può negare che le bandiere nere dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante-Khorasan siano «la minaccia terroristica maggiore in Afghanistan e per i Paesi confinanti dell'Asia centrale». La costola afghana dell'Isis, che attacca i talebani considerandoli troppo moderati, è riuscita a colpire le ambasciate del Pakistan e della Russia a Kabul oltre all'hotel Longan, «base» dei cinesi. Dallo scorso anno le bandiere nere hanno rivendicato 190 attacchi suicidi (circa 1300 morti e feriti). Si calcola che l'Isis possa contare fra i 4mila e 6mila adepti compresi i familiari. In gran parte afghani, ma pure azeri, pachistani, ceceni, turchi e arabi che hanno traslocato dal campo di battaglia in Siria. Le basi si trovano soprattutto nel Nord del Paese e dallo scorso anno avrebbero aperto cinque nuovi campi di addestramento. Sultan Aziz Azam è l'emiro che ha messo in piedi la costola mediatica con pubblicazioni in rete come la Voce del Khorasan in 12 lingue e canali Telegram. Le bandiere nere si finanziano con «il traffico di droga, i rapimenti, il contrabbando di pietre preziose e l'estorsione a società commerciali e di trasporto».
Fra gli altri gruppi terroristici il più preoccupante è il cartello dei talebani pachistani composto da diverse formazioni. L'Onu stima che in Afghanistan siano presenti fra i 4mila e 10mila «combattenti, principalmente, nelle province orientali».
Il Movimento islamico del Turkestan orientale conta fra i 300 e 1200 seguaci ed è un gruppo uiguro che ha l'obiettivo di «liberare» la regione cinese dello Xinjiang fondando un Califfato. Jihadisti con gli occhi a mandorla, che appoggiano i talebani nelle operazioni contro la resistenza di Ahmad Massoud, il figlio del «leone del Panjshir», ucciso due giorni prima dell'11 settembre da due terroristi di al Qaida.
L'Afghanistan è un santuario pure per il Movimento islamico dell'Uzbekistan, che vuole trasformare l'ex repubblica sovietica in un Emirato. Stesso disegno destabilizzante per il Gruppo islamico della guerra santa, che nel 2007 aveva messo in piedi una cellula di bombaroli in Germania. L'Onu lancia l'allarme sulle carte d'identità e passaporti afghani rilasciati ai terroristi di al Qaida e altri gruppi «consentendo la loro potenziale infiltrazione nei Paesi vicini».
Giorgio Battisti, generale degli alpini in congedo, primo ufficiale arrivato a Kabul a fine 2001, mette in guardia: «Ventidue anni dopo l'11
settembre, la minaccia jihadista risulta più forte ed estesa che mai, a conferma che l'Occidente, se non vuole soccombere, dovrà continuare a combatterla con determinazione, ma imparando dagli errori compiuti in Afghanistan».
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