In Medio Oriente sono ore concitate. Si potrebbe arrivare al passo decisivo verso la catastrofe, ovvero un conflitto devastante tra Iran e Israele, o alla tanto attesa fine della guerra a Gaza. Le trattative sono in stallo. Un nuovo round di colloqui è previsto al Cairo questo fine settimana. Saranno presenti i rappresentanti di Stati Uniti, Israele, Egitto e Qatar. Finora Hamas non ha detto se parteciperà, ma si ritiene che continui a ricevere aggiornamenti sui negoziati dai mediatori.
Il pressing internazionale continua su più fronti e su tutti gli attori. Il presidente Usa Joe Biden, in una telefonata al premier israeliano Benjamin Netanyahu, a cui ha partecipato anche la candidata Dem alla Casa Bianca Kamala Harris, ha «sottolineato l'urgenza» di raggiungere un'intesa. Ha anche ribadito l'impegno di Washington ad aiutare a difendere Tel Aviv da «tutte le minacce, l'Iran e i suoi gruppi terroristici per procura Hamas, Hezbollah e gli Houthi».
Da parte sua il segretario di stato Usa Antony Blinken ha concluso il suo tour diplomatico in Medio Oriente, ma non è riuscito a sciogliere nemmeno una delle tante questioni sul tavolo. La più importante riguarda il Corridoio Filadelfia, che collega il Sud della Striscia di Gaza all'Egitto. Questo è diventato un punto di attrito chiave. Hamas finora ha insistito sul ritiro totale dei soldati israeliani da Gaza. Anche l'Egitto si oppone alla loro presenza lungo il suo confine. Il gruppo islamista per anni ha introdotto armi da questo cuscinetto di 12 chilometri, e Israele perciò ha ribadito che non lo lascerà. È il nodo che sta tenendo in stallo le trattative, insieme alla declamata «vittoria assoluta» su Hamas.
La partita però non è ancora chiusa e qualche spiraglio di ottimismo si intravede. I funzionari statunitensi, secondo quanto scrive sul Washington Post l'editorialista David Ignatius, pensano che il leader di Hamas Yahya Sinwar, intrappolato sottoterra a Gaza e a corto di munizioni e rifornimenti, sia favorevole all'accordo. Ma Hamas temporeggia, probabilmente nella speranza che l'Iran o Hezbollah attacchino Israele. I rappresentanti Usa hanno poi fatto trapelare che «i leader iraniani avrebbero deciso di ritardare la vendetta per l'assassinio a Teheran di Ismail Haniyeh». La Repubblica islamica infatti «sembra essere stata scoraggiata da una massiccia dimostrazione di forza americana». Ma il timore è che il regime degli Ayatollah «stia incitando il suo proxy, Hezbollah, ad attaccare». C'è la sensazione che il capo del Partito di Dio Hassan Nasrallah non abbia più intenzione di lanciare pesanti raffiche di razzi verso Tel Aviv, ma sembra che voglia mantenere ancora la promessa di vendicare l'assassinio di Fuad Shukr a Beirut, e che sono molti gli obiettivi che potrebbe decidere di colpire.
Intanto la battaglia sul campo va avanti. Almeno 22 persone sono state uccise a Gaza portando il bilancio complessivo dal 7 ottobre a 40.265 palestinesi morti. E nelle ultime 24 ore Tsahal ha intensificato le operazioni a Deir Al-Balah e a Khan Yunis; nei giorni scorsi 50 militanti sono caduti nella zona di Rafah.
Anche in Cisgiordania tre palestinesi sono stati eliminati a Tulkarem. Mentre nel Mar Rosso la petroliera Sounion, battente bandiera greca, è stata attaccata dagli Houthi. L'equipaggio ha abbandonato la nave ed è stato portato a Gibuti dalla missione navale dell'Ue Aspides.
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