«Non sono amico del dottor Storari, l'ho avuto come pm in molti processi e posso dire che è un osso molto duro. Ma anche di estrema correttezza, è uno che mantiene la parola. E se sessanta pm su sessantacinque hanno preso le sue difese, questo significa che la pensano come me».
Davide Steccanella, avvocato da 35 anni a Milano, è una delle voci critiche - anche con i suo interventi sul blog Giustiziami.it - del rito ambrosiano della giustizia. Come tutti i suoi colleghi, legge da giorni quanto sta emergendo sullo scontro furibondo innescato nella procura di Milano dalla gestione del processo Eni e dai verbali del pentito Piero Amatra. E non ha esitazioni nell'indicare da che parte stiano le ragioni.
Chi vive in tribunale a Milano ha i mezzi per capire quanto sta accadendo?
«Non del tutto, ci sono sicuramente parti di non detto che non vengono divulgate urbi et orbi. Poi non abbiamo la carte, che sono ancora nei fascicoli disciplinari del Csm e della Procura di Brescia. Ma una idea me la sono fatta».
E qual è?
«Che da una parte ci siano stati da Storari comportamenti formalmente eccepibili. Che sono però assolutamente meno gravi dei comportamenti sostanziali che, se venissero provati, vengono addebitati all'altra parte (cioè al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, titolare del processo Eni, ndr). Per capire la gravità dell'accaduto bisogna ricordare che stiamo parlando della Procura di Milano, probabilmente la più importante del paese per gli interessi che è in grado di smuovere».
Però Storari l'ha fatta grossa, passando quei verbali a Davigo.
«Bisogna sempre distinguere tra forma e sostanza. Va bene, Storari ha fatto vedere degli atti segreti. Ma lo ha fatto, per quanto se ne capisce, in stato di necessità. Dall'altra parte cosa è accaduto? Premetto che bisogna essere garantisti con tutti, quindi anche con i magistrati. Ma se venisse confermato quanto emerso finora, siamo di fronte a qualcosa di ben più grave. La Procura ha fatto un uso parziale di verbali di cui aveva la disponibilità, usando solo la parte che le serviva per colpire il giudice del processo Eni. Vede, quel giudice io lo conosco bene, siamo amici, abbiano studiato insieme all'università. È una delle persone più oneste della storia umana. Pensare di accusare Marco Tremolada di essere a disposizione di chicchesia è aldilà di ogni verosimiglianza».
Però la Procura generale della Cassazione ha chiesto il trasferimento di Storari, e non di De Pasquale.
«Ho trovato un po' strano che il primo a essere oggetto di un provvedimento fosse Storari. Il Csm evidentemente è stato del mio stesso avviso».
De Pasquale è accusato anche di avere nascosto elementi utili alla difesa degli imputati. Non c'è un po' di ipocrisia in questa accusa? Davvero esistono invece pm che cercano le prove dell'innocenza dei loro indagati?
«Se esistono, io non ne ho mai incontrato uno. Ma devo dire che non mi scandalizzo. Sì, esiste una norma del codice che lo prevederebbe, ma credo che sia la meno applicata in assoluto dell'intero codice. Ricordo però che Giovanni Falcone, quando entrò in vigore questo codice di procedura, disse: adesso il pubblico ministero è l'avvocato della polizia. Ecco, io considero il pm il mio omologo dall'altra parte, e per questo non mi aspetto che mi dia una mano. Il problema è quando il giudice sta dalla sua parte, quando si fa coinvolgere anche lui dall'agonismo del pm».
Il
giudice può anche essere bravo, ma un processo non è mai uno scontro ad armi pari.«Per forza, per sei mesi il pm indaga senza dirti niente. Quando scendi in pista tu, per raggiungerlo devi essere Marcell Jacobs».
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