Si rischia un Ramadan di fuoco in Israele, con il leader di Hamas in Libano, Osama Hamdan, che nel 150esimo giorno di guerra invita i palestinesi a «trasformare in uno scontro ogni momento» del mese sacro, mentre il gruppo islamista avverte che «non ci sono progressi reali nei negoziati» e di non sapere chi è ancora vivo tra gli ostaggi, perché «si trovano in zone diverse, con gruppi diversi, e quindi abbiamo chiesto un cessate il fuoco per poter raccogliere i dati». I colloqui con Hamas per la liberazione dei rapiti sono ripresi al Cairo, in Egitto, dove gli integralisti hanno «indicato i criteri sui detenuti palestinesi da liberare», ma Israele non ha inviato una delegazione. La strada sembra ancora in salita, nonostante l'ottimismo dei mediatori egiziani che parlano di «progressi significativi». Hamas continua a premere per un cessate il fuoco permanente, condizione irricevibile per lo Stato ebraico, impegnato anche sull'altro fronte, il Libano, dal quale i miliziani di Hezbollah hanno ucciso in un attacco missilistico un lavoratore straniero (pare thailandese) impegnato nei campi e ne hanno feriti altri 7 nel nord di Israele, proprio mentre l'inviato speciale degli Usa, Amos Hochstein, avvisava da Beirut che «una guerra limitata» tra Israele e Hezbollah non sarebbe «contenibile». Per rappresaglia, Israele ha colpito Al-Adissa, nel sud del Libano, bombardando una struttura dove erano riuniti membri del gruppo e ha annunciato di aver ucciso sabato il nipote del leader Nasrallah.
Una tregua e il rilascio degli ostaggi entro il Ramadan, il 10 marzo, come si era augurato il presidente americano Joe Biden, sembra al momento una chimera. Un funzionario anonimo di Hamas ha fatto sapere al Wall Street Journal di ritenere più probabile il raggiungimento di un accordo nel primo fine settimana di inizio del mese sacro per i musulmani, sostenendo che il leader della Striscia, Yahya Sinwar, non sarebbe in contatto con il gruppo da almeno una settimana e che nell'ultimo messaggio avrebbe chiesto di non affrettarsi con la trattativa e di contare sul fatto che un'operazione israeliana a Rafah durante il Ramadan porterà a un'esplosione di rabbia in Cisgiordania e tra gli arabi israeliani.
Il clima è incandescente. L'offensiva israeliana procede nella Striscia di Gaza, dove i morti sarebbero oltre 30mila e un raid nel campo profughi della città di Nuseirat ha ucciso 12 persone. La situazione è tesissima pure in Cisgiordania, dove un ragazzo di 16 anni è rimasto ucciso durante un'operazione israeliana nel campo profughi di Ramallah e un altro ragazzino di 10 anni a Nablus, nel West Bank, dove lo Shin Bet ha riferito di aver sventato un attentato dello Stato islamico e arrestato 4 palestinesi affiliati.
Anche il clima politico in Israele e con gli Usa si surriscalda. Mentre Benny Gantz, l'ex leader di opposizione oggi nel Gabinetto di guerra e sempre più alto nei sondaggi, è volato negli Usa per incontrare la vicepresidente Kamala Harris, irritando il primo ministro Netanyahu, il ministro per la sicurezza Ben Gvir, dell'estrema destra, ha risposto alla numero due della Casa Bianca, che chiedeva una tregua immediata, spiegando che invece «è ora di distruggere Hamas», convinto che Israele dovrebbe ritirarsi dai negoziati e intensificare la guerra.
Come se non bastasse, l'esercito è stato costretto a smentire voci di Channel 14, secondo cui membri anziani dell'Unità del portavoce dell'Idf, compreso Daniel Hagari, si erano dimessi. Si riapre, intanto, lo scontro con l'Onu. Lo Stato ebraico ha richiamato il suo ambasciatore accusando le Nazioni Unite di aver tentato di nascondere un rapporto sugli episodi di violenza sessuale del 7 ottobre.
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