Alle interessanti considerazioni dedicate da Francesco Giubilei su Il Giornale del 18 agosto alla figura di Palmiro Togliatti, scomparso settanta anni fa a Yalta, si possono fare alcune aggiunte per quanto riguarda il rapporto Togliatti-Gramsci. È ben noto che Togliatti si proclamò sempre continuatore dell'opera politica e teorica di Gramsci, e che nell'immediato secondo dopoguerra curò l'edizione tematica (presso Einaudi) dei gramsciani Quaderni del carcere. Senonché questa proclamazione di Togliatti non aveva nessun fondamento; in realtà i rapporti fra i due leader comunisti furono, a partire dal 1926, pessimi.
Nell'ottobre del 1926 Gramsci inviò (a nome dell'Ufficio politico del partito comunista italiano) una lettera al Comitato centrale del Partito comunista bolscevico, in cui egli esprimeva la più viva preoccupazione per l'asprezza della discussione in atto fra la maggioranza del partito comunista russo (capeggiata da Stalin) e le opposizioni (capeggiate da Trotzki, Zinoviev, Kamenev). Di qui la ben nota affermazione di Gramsci: «Compagni, voi oggi state distruggendo l'opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare le funzione dirigente che il partito comunista dell'Urss aveva conquistato per l'impulso di Lenin; ci pare che la passione violenta delle questioni russe vi faccia perdere di vista gli aspetti internazionali delle questioni stesse, vi faccia dimenticare che i vostri doveri di militanti russi possono e devono essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del movimento operaio internazionale». E ancora: «I compagni Zinoviev, Trotzki, Kamenev, hanno contribuito potentemente a educarci per la rivoluzione, ci hanno qualche volta corretto molto energicamente e severamente, sono stati fra i nostri maestri. A loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili della attuale situazione, perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del Comitato centrale dell'Urss non intenda stravincere nella lotta ed evitare le misure eccessive». Gramsci non sapeva (e non avrebbe saputo) che le «misure eccessive» adottate da Stalin sarebbero stati i grandi processi di Mosca, nei quali egli avrebbe condannato a morte la vecchia guardia leninista (quanto a Trotzki, questi fu ucciso con inaudita ferocia da un sicario di Stalin, in Messico).
Togliatti espresse il proprio dissenso sulla lettera gramsciana (perché, rispose, essa metteva sullo stesso piano la maggioranza e la minoranza del comitato centrale bolscevico), e non la inoltrò. Gramsci ne fu molto amareggiato, e scrisse a Togliatti in termini molto aspri («il tuo modo di ragionare ha prodotto in me un'impressione penosissima»). Poco dopo Gramsci fu imprigionato, e fra i due venne meno qualunque tentativo di comunicare anche per vie traverse. Questa vicenda spiega perché Stalin (che venne certamente a conoscenza della lettera di Gramsci) non fece alcun tentativo presso il governo italiano per liberare il politico sardo dal carcere. Quanto a Togliatti, egli divenne un fedele esecutore della politica del dittatore sovietico, di cui approvò tutte le nefandezze.
Certo Togliatti esaltò sempre la figura di Gramsci, e ne pubblicò i Quaderni del carcere in una edizione
tematica. Questa operazione, molto abile, permise al leader comunista di censurare molte affermazioni di Gramsci, che erano in contrasto col marxismo ufficiale sovietico. Questo fu l'ultimo servizio che egli rese al suo amico.
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