Senso del decoro, riserbo, autocontrollo, rigore morale, affidabilità, lealtà... Considerate le virtù morali incluse nella politeness, il galateo che gli inglesi avevano elevato a codice di comportamento, in opposizione alla dissolutezza dei nemici francesi, immaginare il Settecento in versione British potrebbe far sbadigliare. Ma si tratterebbe di un errore, diciamo così, di facciata, tanto quanto ritenere quelle virtù reali. A dimostrarlo ci ha pensato Francesca Sgorbati Bosi, studiosa del diciottesimo secolo, nella sua Guida pettegola al Settecento inglese, da poco pubblicata da Sellerio: 530 pagine (euro 22) di favoloso gossip aristocratico, regale e politico, fra la corte di Londra e la Germania, passando per tradimenti, perversioni, tribunali, battute di caccia, bordelli, club esclusivi, palazzi principeschi e aule parlamentari. Il tutto condito da due ingredienti irresistibili, come da ricetta dello scrittore Henry Fielding: «Amore e Scandalo sono quanto di meglio per addolcire il tè... ma, secondo me, lo Scandalo è il più dolce dei due, e il meno pericoloso».
Quanto a scandali, gli Hannover, saliti al trono d'Inghilterra nel 1714 con Giorgio I, non sono stati affatto tirchi (come invece pare fossero con la servitù). Il capostipite della dinastia arrivò a Londra senza parlare l'inglese e con due amanti tedesche «di rara bruttezza: la sovrabbondante Sophia von Kielmansegg, soprannominata l'Elefante, e l'alta, segaligna Melusine von der Schulenburg, battezzata subito Palo del Calendimaggio». E dire che la legittima sposa, Sofia Dorotea di Celle, era bella, ricca e intelligente: ma il terribile Giorgio, che una volta quasi l'aveva strozzata per una lite, l'aveva rinchiusa nell'isolato castello di Ahlden, per una infedeltà. Non contento, dato che il primogenito Giorgio Augusto gli ricordava troppo la moglie, fece di tutto per rovinargli la vita, fino a cacciarlo da corte, insieme alla moglie Carolina e costringendo la coppia ad abbandonare i figli. Cercò anche di impedire che gli succedesse al trono, ma fu impossibile. Pare che Giorgio II amasse moltissimo Carolina, eppure la tradì e la umiliò in ogni modo; morì per un aneurisma, seduto sul gabinetto. E, siccome il figlio Frederick era morto prima di lui, gli successe il nipote, Giorgio III (foto), noto per la sua pazzia. Si dice che la madre lo avesse plagiato, costringendolo a vivere nell'isolamento e nella dipendenza da lei e dal suo tutore, l'ambiguo Lord Bute (che, per i sudditi inglesi, aveva l'aggravante di essere scozzese). La corte di Giorgio III e della regina Carlotta, apparentemente perfetta, era considerata da tutti «una prigione»: forse anche per questo, e per l'intransigenza paterna, furono proprio i principi i primi a rendere pubblici i pettegolezzi sulla follia di re Giorgio, fra bestemmie, avance inopportune e oscenità...
Anche il fratello del re, Henry, duca di Cumberland, fece parecchio parlare di sé: fu beccato mentre si trovava in una camera d'albergo con l'amante, Lady Henrietta Grosvenor; il marito di lei lo trascinò in tribunale e ottenne 10mila sterline di risarcimento per averne «danneggiato la proprietà», cioè la moglie... I pochi divorzi del secolo, circa una sessantina, furono quasi tutti assai succulenti.
Su tutti, il triangolo fra Lady Seymour, il marito Richard Worsley e l'amico/amante George Bisset: a Worsley il tribunale riconobbe solo uno scellino di risarcimento e lui disertò il Parlamento per la vergogna; così, quel giorno, non si raggiunse la fiducia sulla fine della guerra con gli americani e il governo cadde per un solo voto. Quello dell'amante sbeffeggiato. Gli scandali, spesso, sono la trama più spassosa della Storia.
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