Tamberi, terapie e farmaci. Così l'oro era impossibile

Le cure per le due coliche renali hanno influito sui muscoli e condizionato la prestazione sportiva

Tamberi, terapie e farmaci. Così l'oro era impossibile

Era scontato e matematico che l' altista e primatista italiano Gianmarco Tamberi non avrebbe mai potuto superare il suo record alle Olimpiadi 2024 appena concluse, e nemmeno vincere alcuna medaglia perché, quando si viene colpiti da due coliche renali ravvicinate nella stessa settimana, bisogna fare i conti non solo con il dolore violento che toglie il fiato, ma con gli effetti collaterali dei diversi farmaci che, nella fase acuta di questa patologia, devono obbligatoriamente essere somministrati tutti insieme ed in tempi rapidi, per attenuarlo, placarlo e sconfiggerlo.

Questa sindrome renale si presenta di solito con un evento acuto estremamente doloroso, ed è dovuta ad una ostruzione, ad un impedimento del deflusso dell'urina dal rene lungo le vie urinarie fino alla vescica, causata dalla presenza di sabbia minerale (renella) o da calcoli di varia grandezza, e la scala del dolore di questa colica è sempre altissima, di solito registrata con una intensità maggiore di quella delle doglie durante un parto. Tale sindrome si presenta in genere inaspettata, con la sensazione di avvertire improvvisamente una coltellata al fianco, con un tipico andamento migratorio del dolore che interessa via via il basso ventre, l'inguine e il testicolo del lato interessato, a seconda della localizzazione e della discesa delle anomale presenze lungo l'uretere, il condotto che porta l'urina dal rene in vescica.

In alcuni casi, mentre il paziente si contorce e non trova pace in qualunque posizione, l'ostruzione al deflusso può favorire un rigurgito urinario all'indietro, con conseguente sofferenza e rigonfiamento (idronefrosi) del rene interessato, causa comune di sovra-infezione, i cui sintomi generalmente sono febbre alta con brividi, la stessa di cui ha patito durante il primo attacco il campione Tamberi.

La terapia che si avvia subito in questi casi, come rimedio di prima linea, è quella con i farmaci più efficaci per questa patologia, ovvero con il paracetamolo (Tachipirina), il metamizolo (novalgina) e soprattutto con i Fans (anti-infiammatori non steroidei) quali il diclofenac (voltaren, dicloreum), il Ketorolac ( torafol, lixidol), l'ipobrifene (brufen, nurofen) e l'indometacina (liometacen), fino ad arrivare quando necessario al cortisone (delltacortene) ed agli antibiotici per sedare l'infezione, tutte molecole a potente effetto anti infiammatorio ed anti dolorifico che agiscono egregiamente sui sintomi trafittivi avvertiti (e non sulla causa della colica renale), ma che provocano anche un rilassamento muscolare generalizzato e prolungato, indotto per allentare la tensione algica, al quale deve seguire un meritato riposo motorio.

Tutti questi medicinali infatti, agiscono inibendo alcuni neurotrasmettitori eccitatori dei muscoli, distendendoli, rilassandoli e diminuendo quindi la loro capacità di attività forzata e di contrazione, in modo da ottenere una conseguente riduzione del dolore , ma al contempo gli stessi farmaci indeboliscono ogni sollecitazione muscolare agli sforzi ed alle attività motorie non ordinarie, non solo dei muscoli, ma anche dei tendini e dei legamenti. La terapia di combinazione farmacologica alla quale è stato sicuramente sottoposto Tamberi sia durante la prima che la seconda colica renale ha certamente avuto un rilievo strategico sulla sua prestazione sportiva, poiché agendo i farmaci sul rilassamento delle fibre muscolari, ne consegue che qualunque performance forzata richiesta sarebbe stata comunque inferiore alle aspettative.

La debolezza muscolare indotta dai Fans può non essere percepita dalle persone normali durante e dopo l'assunzione della terapia, e non comportare conseguenze evidenti, se non qualche riflesso inibito, ma in un atleta olimpico il cui compito è quello di richiedere al suo apparato muscolo-scheletrico lo sforzo estremo ed ai suoi tendini e legamenti la tensione massima per lo scatto fulmineo del salto in alto, quella stessa mollezza muscolare, anche minima, avrebbe umiliato chiunque nella prova richiesta.

Gianmarco Tamberi era inoltre reduce da un dimagrimento evidente, una perdita di peso voluta, studiata e finalizzata ad una maggiore agilità per saltare leggero sempre più in alto, ma una dieta forse non abbastanza bilanciata che potrebbe aver favorito la formazione delle pietre calcaree, con precipitazioni di minerali a livello delle vie urinarie ed avergli fatto perdere le Olimpiadi.

Il capitano e porta bandiera della delegazione azzurra olimpionica, mosso dall'orgoglio di campione, dalla fiducia nelle sue capacità e dalla sua ammirevole determinazione, anche per non deludere se stesso ed i milioni di suoi tifosi che lo aspettavano, dal Presidente Sergio Mattarella all'ultimo degli italiani, ha voluto comunque sfidare la sorte, partecipando alla gara olimpica di salto in alto, che ha fallito più volte, perché in quei giorni l'atleta che conoscevamo non c'era più, non era più lui, il suo balzo felino era scomparso, il suo fisico super allenato e i suoi muscoli non rispondevano più alla sua volontà di volare, fiaccati com'erano dalle recenti terapie mio rilassanti, che in quei giorni silenziosamente continuavano ad agire.

Forse qualcuno del suo staff medico avrebbe potuto consigliarlo a non sfidare le leggi di madre natura e soprattutto quelle implacabili della scienza farmacologica, che fortunatamente agisce in modo ottimale

sulle patologie eliminando i sintomi, ma in questo caso con conseguenze sportive e psicologiche molto più dolorose di quelle di una colica renale, quelle che purtroppo sono state viste in diretta dagli occhi del mondo intero.

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