Walter de Silva, un'auto non va solo disegnata ma anche toccata

Walter de Silva è un designer che oltre al talento ha messo il cuore dentro ai suoi progetti, spesso semplici ma di grande impatto stilistico

Walter de Silva, un'auto non va solo disegnata ma anche toccata

Walter de Silva è un nome che per l'automobilismo rappresenta un baluardo di sensazioni, pulsioni ed emozioni ben precise. Fra pochi giorni il nativo di Lecco compirà 72 anni e guardandosi indietro potrà essere felice di ciò che ha dato all'automotive, mentre proiettandosi sul domani può star sereno su ciò che ancora darà. Le sue dita ossute non hanno soltanto stretto in mano una matita e su un foglio bianco tracciato le linee di qualcosa di imperituro, di inscalfibile nel tempo. Quelle mani sono state utili per andare oltre al campo visivo, infatti dove non va l'occhio arriva il tatto. Una delle sue celebri massime recita così: "Per capirla, un'auto va accarezzata. Va lavata. Quando c'è qualcosa che non mi torna di un modello, chiudo gli occhi e lo tocco, lo sento...". Per il grande designer italiano che ha fatto le fortune dell'Alfa Romeo di inizio terzo millennio e del Gruppo Volkswagen immediatamente dopo, il disegno deve scaldare il cuore, deve toccare le corde più intime come fa la poesia. Osservando il parco auto circolante odierno, per de Silva ciò che manca sono le emozioni. L'anonimato detta le linee guida dello stile attuale. Troppi giovani stilisti vengono spinti e facilitati dai computer e vogliono procedere troppo in fretta, senza assaporare la costruzione di un'auto, tralasciando l'aspetto fisico e tattile. Non basta saper modellare delle linee con un pennello occorre lavoro di squadra e analisi collettiva. Le auto vanno studiate. Questo è fondamentale.

L'Alfa Romeo nel cuore

Il primo approccio col mondo del design automobilistico per de Silva arriva nel 1972, quando a 21 anni approda alle dipendenze del Centro Stile Fiat. Una palestra vera e propria, non solo di mestiere ma di vita, una scuola prestigiosa che ha formato tantissimi suoi colleghi illustri. Un tempo a Torino il disegno delle quattro ruote aveva un peso specifico molto rilevante. Nel suo periodo di formazione presso il Lingotto, de Silva fa in tempo a partecipare alla lavorazione del "progetto 138", l'innovativo studio che sarà fondamentale per giungere alla genesi della Fiat Ritmo. Nel 1975, però, le strade si separano e de Silva sceglie un altro campo in cui cimentarsi. Il ritorno di fiamma con le quattro ruote arriva nel 1986, quando viene chiamato sotto l'ala del grande Ermanno Cressoninel Centro Stile di Arese, all'Alfa Romeo. Peccato che quelli sono giorni convulsi per il Biscione, che di lì a poco porteranno il brand milanese a confluire nel Gruppo Fiat, rinunciando alla propria indipendenza. In Alfa, de Silva darà il meglio di sé, concentrando le sue attenzioni sui tratti distintivi del Marchio, puntando nuovamente sul celebre trilobo, che torna a essere centrale e punto di riferimento stilistico essenziale. Sotto la sua guida arrivano le: 155, 145, 146, GTV e Spider (916), e le osannate 156 e 147. Quest'ultime saranno entrambe premiate quali Car of the Year (rispettivamente nel 1998 e nel 2001). Le Alfa 156 e 147, grazie all'estro e all'intuizione del designer italiano, riporteranno il Biscione alla ribalta mondiale, merito di uno stile forte e personale, in cui la passione viene espressa con vigore, rispettando sempre la tradizione.

Alfa 156

Walter de Silva nel Gruppo Volkswagen

Nel periodo di massimo fulgore, per alcuni dissidi con l'amministratore delegato Paolo Cantarella, de Silva lascia il gruppo Fiat per andarsene in Germania, alla Volkswagen. Fosse stato per lui non avrebbe mai abbandonato l'Alfa Romeo, un grande amore per sempre custodito nel cuore. Il designer italiano viene messo sotto contratto dal geniale Ferdinand Piëch, nipote di Ferdinand Porsche. A proposito del professor Piëch ha detto: "proprio lui mi ha voluto nel gruppo tedesco e il nostro rapporto è stato sempre splendido, era un visionario che anticipava il futuro". Il primo compito è quello di trasmettere personalità alle Seat, in modo semplice e diretto. Per rendere il tutto più efficace, de Silva convince i vertici del Gruppo a costruire una pista di prova a Barcellona perché nessun altro posto offriva una luce così intensa, ideale per scoprire anche il minimo difetto di un'auto.

Audi A6

Nel 2002 sbarca al vertice di Audi, facendosi strada con capacità e tenacia. Per convincere di un progetto presidenti e amministratori delegati bisogna fornire certezze, perché lo stile si presta alle interpretazioni più disparate. De Silva ci riesce e, soprattutto, con l'Audi A6 fa centro. Su quella vettura esordisce il single frame, per meglio dire una calandra unica, alta e massiccia, che ancora adesso è base delle attuali macchine di Ingolstadt. Nel 2005 è tempo di sistemare anche Lamborghini, sfornando la Miura Concept, ma il bello arriva più tardi con la promozione a capo del Centro Stile Volkswagen Group, supervisionando lo stile di tutti i sette marchi del gruppo.

È il 2007, mentre nel 2011 viene premiato con il prestigioso riconoscimento del Compasso d'oro alla carriera. Nel 2015 esce da Volkswagen, mentre due anni più tardi si accasa nella BAIC, per provare a disegnare la mobilità del futuro. Quella elettrica, che ha bisogno di personalità e di un tocco magico come quello di de Silva.

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