
L'hanno definita un' "aggressione silenziosa" perché non si sente e quasi non si vede. La si nota soltanto in occasione di esercitazioni militari congiunte oppure quando alcune navi da guerra si avventurano in aree contese, spesso rivendicate da altre nazioni della regione. Le mosse della Cina nel Mar Cinese Meridionale e nel Pacifico sono finite nel mirino degli analisti. Qual è l'obiettivo di Pechino? Innanzitutto consolidare il proprio potere nel "cortile di casa", ovvero nelle acque limitrofe. Poi espandere questa influenza in Asia superando, o meglio sfondando, la cosiddetta prima catena di isole, e cioè la barriera contenitiva costituita da isole, coincidenti con gli alleati locali di Washington nella regione indo-pacifica, realizzata virtualmente dagli Usa per limitare i movimenti (e le ambizioni) della Marina del Dragone.
La strategia della Cina
Secondo quanto riportato dal sito Sealight, la Cina ha padroneggiato abilmente il concetto di aggressione silenziosa per affermare la propria influenza economica, diplomatica e militare sulle nazioni asiatiche facendo ben attenzione a non scatenare conflitti aperti. Pechino, per esempio, si è mossa nella zona grigia per ottenere il controllo di aree marittime rivendicate. Un esempio lampante? La costruzione di isole artificiali, installazioni militari, porti e piste di atterraggio nel cuore del Mar Cinese Meridionale. Il Dragone usa queste infrastrutture come piattaforme di proiezione di potenza per costringere altre nazioni a cedere il controllo dei mari circostanti.
Il fine ultimo è chiaro: creare una zona anti-accesso/negazione dell'area all'interno della prima catena di isole che si estende dalla penisola coreana, attraverso Giappone, Taiwan e Filippine, e poi attraverso Malesia e Indonesia. Costruire con successo A2/AD in loco, infatti, annullerebbe qualsiasi resistenza da parte dei suoi vicini. Più nello specifico, la Cina vorrebbe allontanare i suoi rivali (a partire dagli Usa) dalla propria zona di influenza, convincendo al contempo i Paesi della regione ad accettare il suo nuovo status. Dietro alla politica c'è poi il discorso relativo al controllo di una delle vie marittime più strategiche del mondo: se il Dragone riuscisse nel proprio intento teoricamente potrebbe anche minacciare di interrompere le catene di approvvigionamento globali, ostacolando la sicurezza economica degli Stati Uniti e dei suoi alleati.
Cosa succede nel Mar Cinese Meridionale
"Siamo preoccupati per le attività pericolose e destabilizzanti" di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico David Lammy dopo una visita nelle Filippine, sottolineando che l'economia del Regno Unito e mondiale "dipende dalla sicurezza e dalla protezione delle rotte commerciali" che passano dall'area al centro di forti tensioni regionali. Nel frattempo il Dragone ha inviato 20 aerei militari e otto navi nello Stretto di Taiwan continuando ad incrementare la pressione su Taipei.
Negli ultimi giorni le esercitazioni militari della Cina nel Pacifico hanno provocato l'ira di vari Paesi, Australia e Nuova Zelanda in primis.
Le navi da guerra inviate da Pechino avrebbero infatti effettuato manovre in aree altamente sensibili senza aver precedentemente avvisato Australia e Nuova Zelanda. Chiaro l'intento: allargare il perimetro d'azione, lanciare un messaggio ai partner degli Stati Uniti, prendere le misure per superare davvero la prima catena di isole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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