Allarme sulle navi quarantena "Dove finiscono le acque contaminate?"

Dopo l'inchiesta di Report sui rifiuti delle imbarcazioni, l'associazione MareAmico interviene lanciando un allarme relativo alle navi quarantena: inviato un esposto alla procura di Agrigento

Allarme sulle navi quarantena "Dove finiscono le acque contaminate?"

Focolai da coronavirus, fughe e problemi sulla sicurezza a bordo delle navi quarantena. A tutto questo si aggiunge il problema relativo allo smaltimento delle acque reflue di cui non si conosce la destinazione in un momento in cui la situazione sanitaria nazionale è molto delicata. Dove vanno a finire i rifiuti contaminati? I cittadini sono veramente al sicuro?

L’era delle navi quarantena

Da quando nell’aprile del 2020 l’arrivo dei migranti ha iniziato a mettere in crisi il sistema d’accoglienza in Sicilia, soprattutto nell’agrigentino, si è iniziato a parlare di navi quarantena come supporto ai centri di accoglienza pieni ai limiti del possibile. È stato così che a metà maggio è arrivata la nave Moby Zazà: uno strumento provvisorio, secondo il ministero dell’Interno, per offrire supporto all’emergenza che incombeva. Da strumento provvisorio a metodo consolidato a tempo indeterminato, il passo è stato breve. Dopo la prima nave arrivata in sostituzione della Moby Zazà che non aveva rinnovato il contratto allo scadere dei termini, ne sono arrivate al seguito altre quattro. Tutte dovevano svolgere il loro servizio fino all’autunno come strumento tampone di un’estate straordinariamente coinvolta dal fenomeno degli sbarchi. Ma a fronte dei flussi migratori mai terminati fino ad oggi, due tra le navi quarantena stanno prolungando la loro attività tra Porto Empedocle e Trapani. A Porto Empedocle in particolare, è sancora attiva una nava quarantena. Il transito e la sosta tra la rada e il porto, secondo il presidente dell’associazione MareAmico Claudio Lombardo, potrebbero avere delle ripercussioni sulla salute dei cittadini.

Nave Moby Zazà

“Situazione seria, il Covid è un’aggravante”

Che fine fanno i rifiuti prodotti dalle navi usate per la quarantena? La domanda, tra gli altri, in queste settimane se l'è posta anche Claudio Lombardo, presidente dell'associazione MareAmico Agrigento. Di fronte la Città dei Templi da mesi è possibile scorgere la costante presenza dei mezzi usati per isolare i migranti, in alcuni casi a bordo sono state scoperte persone positive al coronavirus: “Purtroppo alcuni sospetti sono diventati realtà dopo aver visto la trasmissione Report – ha dichiarato su IlGiornale.it Claudio Lombardo – Vale a dire nessuna nave scarica le acque nere nei centri specializzati. E questo vale anche per le navi quarantena”. La convenzione Marpol, che regolamenta lo smaltimento dei rifiuti, stabilisce che i liquami possono essere sversati anche a 12 miglia dalla costa. “Ma è comunque inquinamento – ha dichiarato Lombardo – E poi si è potuto notare nei recenti servizi televisivi che spesso si scarica in rada oppure in porto. Se questo dovesse valere anche per la navi quarantena, sarebbe un'aggravante”.

È pur vero che le navi hanno a bordo i depuratori, ma questo non sempre può essere una garanzia: “Sappiamo se funzionano? - chiede Lombardo – E poi, chi farebbe il bagno dove a poca distanza ci sono navi con positivi a bordo che scaricano a mare? In tempi di pandemia, ogni precauzione non è mai troppa”. Per questo MareAmico ha lanciato un esposto alla Capitaneria di Porto di Porto Empedocle, all'Arpa e alla procura di Agrigento: “Si chiede di sapere – si legge nel documento – come vengono trattate queste acque reflue nel compartimento marittimo di Porto Empedocle”.

Migranti sbarcati

Vengono rispettati i parametri della Convenzione Marpol?

La problematica non riguarda solamente i movimenti delle navi quarantena ma ha a che a fare con le varie imbarcazioni che operano nel nostro Paese. L’intervento di controlli minuziosi potrebbe quindi far dormire sonni tranquilli. Un’inchiesta giornalistica condotta dalla trasmissione Report andata in onda nei canali Rai, ha messo in evidenza i rischi connessi alla mancata osservazione della Convenzione internazionale Marpol che stabilisce le procedure per lo smaltimento dei rifiuti in mare. Le navi alla stessa stregua delle abitazioni producono rifiuti che si traducono anche in acque sporche con necessità di smaltimento. Ma in che modo ciò può avvenire? Secondo la Convenzione Marpol i rifiuti possono essere scaricati in mare, nella loro interezza, superati i 12 miglia dalla costa. Lo smaltimento entro le 12 miglia può avvenire solamente se a bordo è presente un apposito impianto per il trattamento dei rifiuti. Lontano dalla costa, senza controlli, nessuno può avere certezza di quanto avviene.

La maledizione delle navi

Certo che da quando si è deciso di puntare sulle navi dell'accoglienza, sul fronte migratorio è successo di tutto. La fortuna non ha girato dalla parte del governo che, a sua volta, non ha posto in essere le giuste misure per coniugare emergenza migratoria ed emergenza sanitaria. Ne sanno qualcosa gli stessi abitanti di Porto Empedocle. Quando la Moby Zazà è giunta in porto sono esplose le polemiche relative ai costi. Un migrante in media costava quattromila Euro al mese. Poi sempre sulla Moby Zazà è esploso il primo focolaio a bordo di una delle navi quarantena, con casi di Covid accertati dopo uno sbarco di migranti dalla Sea Watch 3. Altri focolai si sono avuti anche sulla Rhapsody, la nave giunta al porto di Bari il 9 ottobre e in cui a bordo pochi giorni dopo si sono contati più di 80 migranti positivi.

Tra le persone all'interno della nave, vi era anche Aouissaoui Brahim, l'attentatore tunisino che il 29 ottobre ha raggiunto Nizza per compiere l'attentato nella cattedrale. Un episodio che ha denotato gravi carenze anche sul fronte della sicurezza.

Tornando con la memoria per un attimo a Porto Empedocle, a settembre si è verificata una maxi fuga di migranti fatti scendere proprio dalla Rhapsody. Le notizie su possibili problemi relativi allo smaltimento dei rifiuti hanno aggiunto ulteriori ombre sulla strategia delle navi quarantena.

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