Parrucchieri in rivolta da nord a sud: "Ora siamo pronti a gesti folli"

Proteste in tutta la Penisola per la decisione di posticipare la riapertura di parrucchieri e centri estetici. Romina Paludi, estetista che ha lanciato una petizione online per chiedere aiuto al governo, denuncia: "Così rischiamo il fallimento"

Parrucchieri in rivolta da nord a sud: "Ora siamo pronti a gesti folli"

Parrucchieri, barbieri, estetisti, tatuatori, onicotecnici: un intero settore, quello della bellezza e del wellness, è pronto alle barricate dopo la decisione, annunciata ieri dal premier Giuseppe Conte, di rimandare al primo giugno la riapertura di saloni e centri estetici. Un rinvio che, stima Confartigianato, costerà 1.078 milioni di euro agli addetti ai lavori.

La rabbia attraversa tutto lo Stivale: dalla Sicilia, con il presidente della Federazione autonoma piccole imprese (Fapi), Gino Scotto, che ha paventato il rischio di "rivolte sociali", al Veneto, dove due parrucchieri si sono incatenati per protesta davanti alle vetrine del loro salone nel centro di Padova. "Abbiamo spese per 60mila euro - sbotta uno di loro ai microfoni di una tv locale - e ci mandano 600 euro".

"Siamo disperati e adesso c’è anche chi è pronto a compiere gesti folli", assicura Romina Paludi, 37enne romana, direttrice tecnica di un centro estetico in via di Santa Maria in Monticelli. Un mese fa ha avuto l'idea di pubblicare una petizione online per chiedere al governo di intervenire a sostegno della categoria. "Grazie alla rete che si è creata siamo riusciti a raccogliere quasi 17 mila firme", ci spiega. I problemi sono gli stessi per tutti e la richiesta è quella di poter ripartire, da subito, in sicurezza. "Non abbiamo soldi per gli affitti, né liquidità per procedere ai protocolli di sanificazione, che peraltro nessuno ci ha ancora comunicato – denuncia Romina - senza contare che i fornitori hanno alzato alle stelle i prezzi del materiale necessario per la riapertura, a partire dalle mascherine".

"Non ci eravamo fatti illusioni, ma speravamo almeno che arrivasse il via libera per aprire il 18 maggio, e invece è arrivato solo l’ennesimo rinvio", accusa. "Conte? Non mi sento più nemmeno di chiamarlo presidente – si sfoga – la cassa integrazione non è arrivata a nessuno e nel Cura Italia non hanno inserito neppure il blocco delle rate del noleggio a lungo termine dei macchinari". "Solo alcuni – aggiunge – hanno ricevuto i 600 euro dell'Inps". Una misura che però, secondo Romina, è un insulto ad una categoria che "vale da sola il 5,3 per cento del Pil italiano".

Il giudizio è tranchant. "È una vergogna - ci dice - per non parlare dei prestiti che hanno proposto alle aziende: quei soldi poi glieli dovremo ridare". "Lo scenario per molti di noi – taglia corto – sarà soltanto uno: il fallimento". "Purtroppo – continua la rappresentante di categoria - le nostre serrande non si rialzeranno e ci aggiungeremo alla lista di quelli che gravano sulle spalle del governo con il reddito di cittadinanza".

Benedetta Fiorini, deputata di Forza Italia, parla di 105mila attività a rischio tra parrucchieri, barbieri e centri estetici. "Oltre 500mila addetti – denuncia su Twitter la parlamentare azzurra - non hanno visto un euro e hanno tasse e affitti da pagare". "Il risultato sarà un aumento di abusivismo e lavoro nero", prevede Romina. Il timore è che la disperazione possa spingere molti a "fare la valigetta e andare a lavorare a domicilio". Con il rischio, non da poco, che possa verificarsi proprio quello che il governo scongiura: "Una nuova impennata della curva dei contagi".

Parrucchieri ed estetisti puntano il dito contro Palazzo Chigi: "Già da dicembre sarebbero dovuti intervenire, invece hanno fatto finta di niente". L’elenco delle richieste è lungo: dalla cassa integrazione in deroga per i dipendenti alla lotta all’abusivismo, fino alla cancellazione di tutti i tributi previsti per l’anno 2020. "Per aprire assicurando tutte le precauzioni ai clienti abbiamo bisogno di liquidità", insiste Romina. Per ora, aggiunge, è difficile anche solo procurarsi le mascherine: "Altro che prezzi calmierati, a noi costano minimo due euro l'una e dobbiamo pagarci pure l’Iva".

Anche per il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli, i tre mesi di stop potevano essere evitati. "Abbiamo elaborato e presentato tempestive proposte su come tornare a svolgere queste attività osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie – ha fatto sapere il numero uno dell’organizzazione – ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta". Secondo le stime della stessa associazione il fatturato annuo del settore rischia un crollo di oltre 18 punti. A rischio c’è anche il futuro di 49mila operatori. "Dietro questi numeri ci sono persone, e famiglie, spesso con figli, che oggi riescono a malapena a sopravvivere", ci tiene a precisare Romina.

Sul web, intanto, monta la polemica e l’hashtag #parrucchieri scala la classifica

delle tendenze su Twitter. Tra i sostenitori della riapertura ci sono giornalisti, scrittori e politici, come il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, e diversi parlamentari di opposizione, compreso il leader leghista, Matteo Salvini.

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