Lo Stato ebraico e le guerre per sopravvivere

Tutti i conflitti in cui si è trovato coinvolto hanno provocato laceranti divisioni nel Paese. Ma lo Stato ebraico ne è sempre uscito meglio del previsto

Lo Stato ebraico e le guerre per sopravvivere

La caratteristica comune delle guerre israeliane dal novembre 1947 è che sono accompagnate da forti divisioni politiche all'interno del Paese e da reazioni molto negative all'estero, così che solo molto dopo la fine dei combattimenti gli israeliani e il mondo scoprono che la guerra ha lasciato Israele significativamente più forte di quanto non fosse prima.

Questo è stato certamente vero per la prima guerra con l'Egitto, l'Iraq, la Siria e l'Emirato di Transgiordania, iniziata subito dopo la dichiarazione di indipendenza del 15 maggio 1948.

Poiché i britannici avevano equipaggiato gli egiziani e gli iracheni con alcuni aerei da combattimento e carri armati, mentre la Legione Araba Giordana disponeva di artiglieria e autoblindo lasciate dai britannici e l'esercito siriano di carri armati leggeri francesi, mentre gli ebrei avevano solo pistole, fucili e qualche mitragliatrice, sia il Ministero degli Esteri che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti prevedevano con certezza una rapida vittoria araba, che poi si sforzarono di assicurare con un embargo su qualsiasi vendita di armi a entrambe le parti.

Nemmeno i 750.000 ebrei di Israele erano uniti tra di loro, perché gli ultra-ortodossi si rifiutavano di usare armi e il Partito Revisionista schierava la sua milizia Etzel, fino a quando non tentò di far affluire volontari dall'estero con armi donate dalla Francia sulla nave «Altalena» nel giugno 1948 - l'unico caso in cui gli ebrei finirono per combattere tra loro con morti, feriti e l'affondamento della nave. A quel punto, l'esercito egiziano marciava già su Tel Aviv, i siriani attaccavano il più antico kibbutz sul fiume Giordano, gli iracheni entravano in guerra, la Legione Araba aveva conquistato il quartiere ebraico di Gerusalemme mentre a Washington il Segretario di Stato americano George C. Marshall rifiutava di incontrare l'inviato di Israele perché non poteva sottrarre un minuto all'immane compito di salvare l'Europa dal comunismo e dall'Armata Rossa per parlare di un mini-Stato che sarebbe presto scomparso.

Eppure, nel giro di sei mesi, gli inglesi dovettero minacciare la guerra per proteggere il territorio egiziano dall'avanzata delle colonne israeliane, sia l'Iraq che la Siria si erano ritirati dalla guerra e la Legione Araba, le cui truppe avevano combattuto con valore, aveva finito di essere una minaccia.

Le circostanze di quella prima guerra, che si concluse con un armistizio nel 1949, erano uniche, come lo sono sempre le guerre, ma alla fine accadde ciò che accade in ogni guerra: i combattimenti rivelano il vero equilibrio delle forze in campo, tenendo conto che la coesione interna, a un primo sguardo invisibile, supera facilmente i vantaggi del numero e il morale elevato, unito alle capacità di combattimento appresa in molti anni di addestramento, può compensare un armamento inferiore.

La guerra successiva, nel 1967, non fu il culmine di molti anni di tensioni crescenti come era stato il caso della guerra del 1948, preannunciata dalla rivolta araba del 1936, durante la quale molti insediamenti ebraici erano stati attaccati. Il conflitto iniziò perché il presidente egiziano ed eroe dell'intero mondo arabo Gamal Abdel Nasser aveva avuto un tale successo diplomatico nell'ottenere il sostegno militare sovietico su larga scala, senza per altro perdere le enormi spedizioni di grano americane, che nel maggio 1967 decise di affermare la forza dell'Egitto mobilitando l'esercito e ordinando l'immediato ritiro della Forza d'Emergenza delle Nazioni Unite, che presidiava la frontiera del Sinai con Israele. L'azione di Nasser aveva i suoi motivi: per ragioni ancora oggi poco chiare, gli erano state fornite false informazioni sovietiche secondo cui Israele si stava preparando ad attaccare la Siria, ed era stato a lungo ridicolizzato dai giordani per essersi nascosto dietro la forza ONU invece di combattere il nemico israeliano.

Tutto fu perdonato quando l'opinione pubblica araba si entusiasmò seguendo i cinegiornali, che ritraevano colonne corazzate egiziane dirette verso nuove posizioni al confine con il Sinai, mentre le trasmissioni radiofoniche del Cairo catturavano l'attenzione di milioni di persone in tutto il mondo arabo promettendo un'imminente e definitiva vittoria. Il re di Giordania Hussein non poté resistere all'entusiasmo popolare e pose le sue forze armate sotto il comando egiziano, la Siria mobilitò le sue ingenti forze per assicurare un terzo fronte di guerra in Galilea, mentre Algeria, Marocco e Iraq iniziarono a inviare rinforzi a Egitto, Giordania e Siria.

Il 30 maggio 1967 gli israeliani si trovarono così improvvisamente di fronte a una guerra imminente su tre fronti, con una molteplicità di forze che si aggiungevano alla minaccia principale delle forze corazzate egiziane e siriane, con molti più carri armati di quelli di cui disponeva Israele, e delle forze aeree, con un numero superiore dei migliori aerei sovietici. In Israele non c'era ancora la televisione, ma i cinegiornali mostravano milioni di persone che marciavano nelle capitali arabe chiedendo una guerra di sterminio sotto bandiere nere con tanto di teschi e ossa incrociate.

In Israele, nel frattempo, il Primo Ministro Levi Eshkol, che non aveva alcuna esperienza di combattimento, soffriva di balbuzie e faceva una pessima impressione alla radio, non fece nulla per mantenere alto il morale del Paese. Mentre i riservisti venivano richiamati nelle loro basi per prendere le armi e prepararsi alla guerra, l'opinione pubblica chiedeva a gran voce una leadership adeguata, ma la scelta più ovvia come leader di guerra, l'espertissimo e carismatico Moshe Dayan con la sua benda nera sull'occhio e l'immagine accattivante, apparteneva a un altro partito, e il politico più forte del Paese, Golda Meir, non lo voleva nel governo. Il 30 maggio, quando arrivai come volontario di guerra in un aereo quasi del tutto vuoto, il piccolo aeroporto di Lod era affollato di persone che cercavano di partire.

In quel momento una notizia stava attirando l'attenzione: Il feldmaresciallo Montgomery, in visita in Egitto per la commemorazione della vittoria di El Alamein su Rommel, dichiarò che gli egiziani avrebbero facilmente sconfitto gli israeliani. Avendo egli stesso vinto le sue battaglie costringendo un impaziente Churchill ad attendere mentre costruiva una schiacciante superiorità numerica in carri armati, artiglieria e potenza aerea, Montgomery applicò la stessa metrica all'equilibrio di forze tra Egitto e Israele concludendo che l'Egitto avrebbe prevalso.

Il giorno successivo, il 1° giugno 1967, Dayan fu nominato Ministro della Difesa, risollevando immediatamente il morale del Paese, anche se non parlò molto fino al 4 giugno 1967, quando dichiarò alla stampa mondiale che Israele, non essendo riuscito a impedire l'arrivo delle forze egiziane ai suoi confini, avrebbe dovuto aspettare un'altra occasione per attaccarle, dopo qualche mese o addirittura anni. La mattina presto, 66 cacciabombardieri Mirage, insieme a vecchi aerei francesi, attaccarono una ventina di basi aeree egiziane, con ulteriori incursioni nel corso della giornata contro basi aeree giordane, siriane e irachene, mentre i carri armati israeliani avanzarono per attaccare le forze egiziane nel Sinai, con ulteriori attacchi nei giorni successivi contro la Giordania e la Siria.

Ancora una volta la guerra mise alla prova la reale forza di combattimento dei diversi eserciti sui tre fronti, rivelando che gli israeliani erano stati addestrati secondo standard molto più elevati, consentendo

loro di sconfiggere forze nemiche più grandi e con armi più potenti: io stesso avevo in dotazione un fucile a otturatore Mauser K 98, e vidi Sherman del 1944 attaccare carri armati sovietici molto più moderni.

(1 - continua)

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