"Tamponi anche sugli asintomatici". Ma gli esperti si dividono

Le Regioni vogliono aumentare i test. L'Iss frena: "La battaglia si vince con i comportamenti". Il pericolo: "Laboratori a rischio intasamento"

"Tamponi anche sugli asintomatici". Ma gli esperti si dividono

"Test, test, test". Questo il messaggio rivolto nei giorni scorsi dall'Oms a tutti i Paesi. Uno slogan che è stato preso al balzo dalla Regione Veneto, che ha annunciato la volontà di andare alla ricerca di pazienti positivi al Coronavirus ma inconsapevoli di esserlo. Luca Zaia ha avanzato la proposta di sottoporre ai tamponi anche gli asintomatici, ponendo una particolare attenzione nei confronti di medici, infermieri e sanitari. E la sua linea è stata sposata anche da altri governatori, che ora chiedono più test: Stefano Bonaccini dell'Emilia-Romagna ha annunciato che aumenterà i controlli "anche fra chi non ha sintomi"; Luca Ceriscioli delle Marche ha annunciato che nella zona di Ascoli Piceno ci si sta "attrezzando con una macchina capace di processarne 800 al giorno, quadruplicando la capacità produttiva di oggi"; nella Toscana di Enrico Rossi i 500mila test seriologici acquistati "saranno a disposizione, su richiesta, dei medici di famiglia e dei pediatri"; la Campania di Vincenzo De Luca avrebbe già ordinato un milione di kit rapidi.

Si tratta però di una tematica molto divisiva. Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore della sanità, nel corso del punto stampa quotidiano sull'emergenza Covid-19 in Italia ha sottolineato: "I test non sono l'arma decisiva, danno solo una visione istantanea, del momento. Non ci sono scorciatoie: oggi la battaglia si vince con i nostri comportamenti". Ma il leghista Zaia ha voluto fare una precisazione: l'intenzione non è quella di fare tamponi a tappeto, ma di effettuarli "secondo criteri epidemiologici, partendo dagli addetti alla sanità". C'è sicuramente una questione di costi, ma nei giorni scorsi il governatore ha dichiarato che la vita dei cittadini vale più del bilancio: "Un tampone costa 18 euro e una persona in terapia intensiva costa circa 3mila euro al giorno".

Opinioni contrastanti

Giorgio Palù, già presidente della Società europea di virologia, ha spiegato che fare 10mila test nelle microbiologie vorrebbe dire "distogliere da altre esigenze, come le infezioni gravi, le setticemie e le meningiti". Dunque a suo giudizio andrebbero fatti in maniera mirata: "Al personale sanitario e a chi non può star chiuso in casa, come le forze dell' ordine, dipendenti pubblici, negozianti. E poi anziani e immunodepressi". Il virologo dell'Università di Padova ha sostanzialmente bocciato uno screening di massa per gli asintomatici, preferendo invece i test che misurano gli anticorpi: "Solo così si capisce la tendenza. Costano poco e se ne possono fare molte migliaia al giorno". Il comitato però dice no ai test rapidi, considerati "inaffidabili rispetto ai tamponi rinofaringei". Comunque lo stesso Brusaferro ha posto l'attenzione sul fenomeno dei possibili falsi negativi, ovvero persone positive che tuttavia risultavano negative al test.

Ma Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici, ha assicurato che già diverse aziende si stanno attrezzando per riconvertirsi e produrre tamponi. Intanto, come riporta il Corriere della Sera, a Bologna si sperimenta il drive-through: già usato in Corea e in Australia, si tratta di un test che viene effettuato in autonobile. In una petizione firmata #FuoriDalBuio 1.500 tra medici, docenti e imprenditori hanno chiesto che vengano autorizzati tutti i laboratori tecnicamente capaci di fare i test e dunque di aumentare la capacità diagnostica.

Luca Foresti, amministratore delegato del Centro Medico Santagostino, ha annunciato la realizzazione di un'applicazione che consente di "tracciare in tempo reale i movimenti delle persone positive al coronavirus, di avvertire chi è entrato in contatto con loro ed è quindi a rischio contagio e di individuare sul nascere lo sviluppo di possibili nuovi focolai. Il tutto in modo assolutamente anonimo".

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