"Bloccato l'accesso alle navi russe". Così Damasco lancia la sfida al Cremlino

Ancora lontano un accordo che permetta l'evacuazione dei mezzi russi dalla base navale di Tartus. Mosca punta adesso a rafforzarsi in Libia

Base navale russa di Tartus (Fonte: Wall Street Journal - YouTube)
Base navale russa di Tartus (Fonte: Wall Street Journal - YouTube)
00:00 00:00

È stallo al largo delle coste siriane per le navi russe alle quali le autorità di Damasco negano l’autorizzazione ad attraccare al porto di Tartus, sede della base navale controllata da Mosca. Il crollo del regime di Bashar al-Assad e la sua fuga precipitosa nella notte tra l’8 e il 9 dicembre hanno provocato un terremoto geopolitico che ha rimesso in discussione la presenza del Cremlino, autorizzata dall'ex dittatore, nel Paese mediorientale. Qui, oltre a Tartus, la Russia può contare, non si sa ancora per quanto altro tempo, anche sulla base aerea di Khmeimim.

Il rifiuto all’ingresso a Tartus delle navi russe da parte dei miliziani di Hayat Tahrir al-Sham mette in difficoltà i piani del presidente Vladimir Putin. Infatti, l’ordine che sarebbe arrivato già nelle ore successive alla caduta di Damasco sarebbe quello di preparare l’evacuazione della base e ricollocare le unità navali in Russia e nella Cirenaica. È in particolare nella Libia orientale che adesso Mosca, grazie al sostegno fornito al general Haftar, conta di mantenere il suo ultimo avamposto nel Mar Mediterraneo.

Tra le navi a cui Damasco nega l’autorizzazione all’attracco ci sono la "Ivan Gren", la "Alexandr Otrakovskiy" e la "Sparta", un cargo colpito dalle sanzioni americane che, stando a quanto riportato dal Moscow Times, è salpato l’11 dicembre dall’oblast di Kaliningrad e attende dal 5 gennaio il via libera siriano. Nel porto, le cui banchine sono state liberate per facilitare l’evacuazione, sarebbero già presenti un radar di difesa aereo, già smantellato, e oltre 100 camion carichi di equipaggiamento militare che, come mostrano le foto satellitari, arrivano a comporre una fila lunga un chilometro. A meno di dieci chilometri da Tartus ci sarebbe poi anche la fregata russa "Admiral Grigorovich" in attesa di ordini del Cremlino. Al momento l’unica via d’uscita attiva dal Paese passerebbe dalla base aerea di Khmeimim, dove si segnalano numeri voli organizzati dal ministero della Difesa russo.

Il tutto sembra indicare che un accordo sui termini dell’uscita di Mosca con le autorità siriane non sia ancora stato definito. Intanto il 30 dicembre scorso il rappresentante degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha effettuato una visita diplomatica a Damasco. Al termine dell’incontro le autorità di Kiev hanno fatto sapere, senza entrare nei dettagli, che la loro posizione sulla presenza russa in Siria è “simile” a quella della nuova leadership di Damasco. Pochi giorni prima il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato inoltre l’invio di 500 tonnellate in Siria. Un gesto che rende evidente il tentativo di allacciare nuove relazioni con gli islamisti di Ahmed al-Sharaa.

Il risiko russo nel Mediterraneo ha dei risvolti inquietanti per la sicurezza dell’Europa, a cominciare dall’Italia. Come riportato dalla Stampa, Mosca punta infatti sulla Libia. Il quotidiano cita una fonte presso la Nato a Napoli che invita il nostro Paese e l’Eunavfor (la missione diplomatico-militare di sicurezza marittima dell'Unione europea) a "mobilitarsi ed elaborare un piano in fretta, perché tutto questo (ridislocamento in Libia) è previsto entro la settimana”.

Non è chiaro che conseguenze avrà lo stallo in corso a Tartus sulla tabella di marcia russa ma con tutta probabilità esso non distoglierà Putin dalla sua scommessa libica. Lo zar a questo punto intende rafforzare lo scalo di Tobruk che dovrebbe ospitare le navi da guerra della Federazione per mettere così sotto scacco le forze dell'Alleanza Atlantica.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica