Non è un Paese per "Vecchioni"

Come nella canzone di Vecchioni, dobbiamo proteggere i sogni dei nostri figli, perché la scuola sia un luogo di crescita e non di bullismo

Non è un Paese per "Vecchioni"
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La recente tragedia del ragazzo suicida vittima di bullismo ci obbliga a riflettere sui mali della nostra società e sull'impotenza delle scuole di fronte a genitori armati di avvocati esperti in «diritto scolastico».

È giusta la vocazione a voler includere tutti ma non bisogna abbandonarsi alle subculture pseudo-pietiste dell'inclusione ad ogni costo. Perché inclusione non significa tollerare ogni comportamento: chi porta violenza deve essere allontanato. Studiare è già molto difficile per chi ne ha voglia, perciò, la tensione verso il sapere non può essere scoraggiata dalla presenza di violenza nelle scuole.

Lo Stato deve essere presente, altrimenti ad aver paura sarà soltanto chi si comporta bene. Alla premiazione dell'Acqui Storia Zahi Awass (Segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie) ha raccontato di come, pulendo una statua di Afrodite, ha scoperto il suo amore per l'archeologia, invece, Sabino Cassese (professore, ex ministro e giudice della Corte Costituzionale) ha parlato di vocazione e occasione: per vocazione ha fatto il professore e lo studioso e per occasione tutto il resto. Le scuole vanno custodite perché dovrebbero essere proprio il luogo dove i ragazzi imparano ad amare la conoscenza e scoprono le loro vocazioni, dove sognano il loro futuro per poi costruirlo.

Come canta Vecchioni in Sogna

ragazzo sogna, dobbiamo proteggere i sogni dei nostri figli, perché la scuola sia un luogo di crescita, non di paura. E se l'America non è un paese per vecchi non vorrei che l'Italia non fosse più un paese per Vecchioni.

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