Rinviato a giudizio per corruzione. Luca Palamara il 15 novembre andrà a processo a Perugia, con l'amica Adele Attisani, accusata di concorso in corruzione.
L'ha deciso ieri il gup Piercarlo Frabotta, per il filone principale dell'inchiesta, esplosa nel maggio 2019 travolgendo il mondo della magistratura. I fatti contestati sono legati a rapporti con l'imprenditore Fabrizio Centofanti e risalgono al periodo dal 2013 al febbraio 2018.
«L'udienza preliminare è un passaggio stretto e obbligato. Sono certo che l'udienza pubblica servirà a far emergere la verità e la mia innocenza», è il primo commento di Palamara. E poi: «Le prove documentali dei pagamenti fatti sono insuperabili. Continuerò sempre a battermi per una giustizia giusta». Palamara e i suoi difensori sono convinti che in udienza le accuse siano state ridimensionate e che la partita sia ancora aperta. Assicura l'avvocato Benedetto Buratti, che difende Palamara con Roberto Rampioni: «Non temiamo l'approfondimento dibattimentale e siamo certi che si potranno chiarire a 360 gradi tutti gli aspetti di questa vicenda ed emergerà pienamente l'innocenza del mio assistito».
Il gup ha accolto la richiesta di patteggiamento a un anno e sei mesi di reclusione di Centofanti, che a giugno ha reso dichiarazioni spontanee ai pm perugini, dopo le quali è stato modificato il capo d'imputazione in corruzione in concorso per l'esercizio delle funzioni, invece di corruzione in atti giudiziari.
Con il rito abbreviato è stato invece assolto l'ex Pg della Cassazione Riccardo Fuzio, per il quale i pm Gemma Milani e Mario Formisano, coordinati dal procuratore Raffaele Cantone, avevano chiesto 8 mesi di condanna. Per i due capi d'imputazione per rivelazione di segreto d'ufficio, secondo il gup, in uno «il fatto non sussiste», nell'altro pesa la «tenuità del fatto». Eppure, Fuzio per quelle accuse si è dovuto dimettere e al suo posto è stato nominato Giovanni Salvi, che ora decide su tutte le azioni disciplinari scaturite dalla vicenda.
Palamara è stato indagato come pm di Roma, «esponente di spicco» dell'Anm e poi componente del Csm, per aver percepito presunte utilità, per sé e per la Attisani, per «l'esercizio delle sue funzioni e poteri». Lei è considerata l'«istigatrice» delle presunte condotte illecite. In particolare, Palamara avrebbe consentito a Centofanti di «partecipare a incontri pubblici e riservati cui presenziavano magistrati, consiglieri del Csm e altri personaggi pubblici con ruoli istituzionali nei quali si pianificavano nomine e incarichi direttivi», così permettendogli «di accrescere il suo ruolo di lobbista». Le utilità in questione (pagamento di viaggi, soggiorni, cene e lavori vari), sarebbero state date a Palamara anche per «la disponibilità di accogliere richieste di Centofanti finalizzate a influenzare o determinare anche tramite i rapporti con altri consiglieri del Csm o di altri colleghi, le nomine e gli incarichi da parte del Consiglio medesimo e le decisioni della sezione disciplinare del predetto organo». Si elencano un soggiorno a Madonna di Campiglio, un viaggio a Madrid con il figlio, una vacanza a Favignana, una a Dubai e lavori per una veranda a casa della Attisani. Nell'atto di accusa si contesta anche la rivelazione e utilizzazione dei segreti d'ufficio.
«Il provvedimento del giudice - commenta Cantone - ha dato ragione all'impostazione della procura di Perugia e ha sottolineato la correttezza del suo operato. Si tratta di un primo passo, ma particolarmente importante».
«Ora processo giusto e pubblico: spero che il tribunale non faccia come la disciplinare del Csm che si illuse di tenere nascosto il sistema delle correnti», commenta Giuseppe Rossodivita, segretario del Comitato Radicale per la Giustizia
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