"Nuovo fisco in un solo colpo" Così Draghi cambia le tasse

Il premier ha tenuto un discorso chiaro: "Le tasse non vanno cambiate una alla volta. Serve commissione di esperti"

"Nuovo fisco in un solo colpo" Così Draghi cambia le tasse

Tema delicato e potenzialmente esplosivo. C'era attesa a Palazzo Madama per il passaggio più spinoso del discorso del premier: il capitolo tasse, decisivo per chiarire la posizione di Mario Draghi sulla riforma fiscale. L'ex presidente della Bce, ben conscio dei ritardi dell'Italia in materia, detta la linea e accelera i tempi. "Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta", ma serve "un intervento complessivo" che scoraggi i "gruppi di pressione" nello "spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli". Isomma, riforma tributaria immediata, di ampio respiro che stronchi gli assalti delle lobbies. Il premier tira dritto e sembra chiudere sulla flat tax auspicata dal centrodestra, puntando su un sistema impositivo allegerito, ma sempre in base al reddito.

"Negli anni recenti - spiega il premier - i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza. Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli. Inoltre, le esperienze di altri paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta. Ad esempio la Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata". Insomma, per accedere ai 209 miliardi di euro del Recovery fund bisogna correre. Ce lo chiede Bruxelles e l'urgenza del momento. Serve un intervento complessivo e monolitico dettato da esigenze tecniche e non da interessi di parte.

La linea Draghi è chiara: la progressività non si discute e resta il mantra dell'impronta da dare in materia di tassazione fiscale. "Una riforma fiscale - dichiara il premier in Senato - segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l'architrave della politica di bilancio. In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell'Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività".

Un altro fronte che non può attendere riguarda gli investimenti pubblici. Che vanno normati e incentivati per spingere una ripresa economica che vede l'Italia ancora fanalino di coda nell'Ue. La chiave, per l'ex numero uno della Bce, sono riforme strutturali di ampio respiro e di impronta più tecnica che dettata dalle contingenze politiche. Un obiettivo ambizioso dall'orizzonte temporale largo che non può prescindere dal contrasto duro all'evasione fiscale. "ll Next generation EU prevede riforme. Alcune - continua Draghi - riguardano problemi aperti da decenni ma che non per questo vanno dimenticati. Fra questi la certezza delle norme e dei piani di investimento pubblico, fattori che limitano gli investimenti, sia italiani che esteri. Inoltre la concorrenza: chiederò all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, di produrre in tempi brevi come previsto dalla Legge Annuale sulla Concorrenza (Legge 23 luglio 2009, n. 99) le sue proposte in questo campo. Negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati.

Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall'urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza". Insomma, la linea è chiara. Ora bisognerà vedere cosa ne diranno i partiti della nuova maggioranza. E a qualcuno potrebbe non piacere.

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