Agli atti dell'inchiesta di Perugia sulle migliaia di accessi abusivi alle banche dati della Dna ci sono, documentati da fotografie, alcuni degli incontri che il principale indagato, Pasquale Striano, avrebbe avuto con altri indagati, ma anche con ex colleghi, conoscenti, attraverso cui, per i pm, il finanziere avrebbe potuto inquinare le indagini. Il tenente è accusato di aver scaricato in modo abusivo e per ragioni che nulla avevano a che fare con i compiti dell'Antimafia, migliaia di file contenenti informazioni riservate su centinaia di persone, molti sono politici di centrodestra.
Andrebbe arrestato, sostengono i magistrati di Perugia, proprio per il «comportamento» tenuto in questi mesi. Ci sarebbe, secondo i pm, il rischio di inquinamento probatorio ma anche di reiterazione del reato, dato che Striano potrebbe «godere tuttora, anche dopo la cessazione dell'incarico e la consapevolezza, anche nei terzi, di essere indagato, su una consolidata rete di amicizie che può fornirgli aiuto anche attraverso gli accessi ai sistemi informatici». Di certo, scrivono i pm, Striano in questi mesi ha avuto incontri con diversi soggetti, almeno con due indagati nello stesso procedimento. E sono tutti avvenuti in «modalità protetta», cioè con una particolare cautela da parte del finanziere, probabilmente consapevole di essere intercettato e seguito, e «con modalità tali da non consentire la captazione dei contenuti» dei colloqui. Anche il «captatore informatico», il cosiddetto trojan inoculato sul telefonino di Striano, «è stato reso subito non funzionante», «verosimilmente in conseguenza di un'operazione manuale dello stesso Striano». Soltanto «complesse attività di pedinamento e osservazione hanno consentito di rilevare gli incontri», scrivono i pm, ma «non è stato possibile percepire i contenuti delle conversazioni, neppure attraverso intercettazioni ambientali d'urgenza», rese vane dalle «particolari accortezze» con cui si è mosso il finanziere.
Le foto agli atti dell'indagine documentano gli incontri di Striano, pedinato dai colleghi finanzieri. Il 25 febbraio si trova con uno degli indagati in «un luogo aperto e difficilmente intercettabile», quale «il parcheggio di un centro commerciale, al di fuori dell'autovettura». Il 6 marzo «dopo alcuni contatti telefonici si è allontanato da casa raggiungendo un ristorante pizzeria riconducibile a un altro indagato», a cui, secondo i pm, aveva fornito informazioni riservate su alcuni soggetti.
Partecipa anche un terzo uomo, identificato poi in un «dipendente del ministero dell'Interno, dipartimento della Polizia di Stato». Successivamente, proseguono i pm, Striano «si è recato a Ostia dove ha incontrato un ex collega attualmente in pensione ma già in servizio alla Dna, con cui il tenente aveva collaborato all'interno del gruppo Sos». Si tratta di un soggetto estraneo alle indagini, ma avendo collaborato con Striano alla Dna, «potrebbe certamente costituire una fonte di prova dichiarativa», sottolineano i magistrati. L'incontro è avvenuto «lungo la strada». Per i pm «non è di per sé l'incontro, del tutto lecito, con i terzi» ma «le modalità» con le quali tali incontri sono avvenuti, tali da far temere un rischio di inquinamento probatorio. Del resto secondo i magistrati una parte delle indagini potrebbe già essere stata compromessa dalla possibile cancellazione di alcune chat dal cellulare di Striano.
Era stato lo stesso Procuratore Cantone in audizione in Commissione Antimafia a spiegarlo: «Non vi è prova certa che siano stati cancellati i dati, ma ci sono elementi purtroppo evidentissimi che questa attività si è verificata. Stiamo parlando di un ufficiale di polizia giudiziaria esperto e particolarmente bravo».
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