La posizione di Pietro Genovese, se confermato l’ultimo elemento emerso durante l’udienza del processo, potrebbe aggravarsi. Era la notte tra il 21 e il 22 dicembre scorso, quando l'auto, un suv, guidata da Pietro Genovese, figlio del noto regista, aveva travolto e ucciso in corso Francia due giovani ragazze, la sedicenne Gaia Romagnoli e la sua amica e coetanea Gaia Von Freymann.
La targa del suv inguaia Genovese
Come riportato da Il Tempo, secondo il legale Cesare Piraino, l’avvocato di parte civile, le due studentesse del liceo Gaetano De Sanctis stavano attraversando in prossimità delle strisce pedonali.
Se ciò fosse confermato, escluderebbe il concorso di colpa che era stato ipotizzato dal perito nominato dalla procura. Un testimone, un giovane presente la sera della tragedia, potrebbe cambiare le carte in tavolo. Il ragazzo avrebbe infatti ritrovato la targa del suv, una Renault Kaleos, guidato da Genovese. La targa, secondo quanto avrebbe detto il testimone, era sull’asfalto, vicino alle strisce pedonali, nel punto in cui, come sostenuto dall’avvocato, sarebbe avvenuto l’impatto mortale. Nella sua arringa il legale si sarebbe rivolto anche all’amico di Genovese, che quella tragica sera si trovava con lui a bordo della vettura. La sua testimonianza non sarebbe ritenuta attendibile dal legale, così come quella dell’imputato, la cui personalità è stata definita da Piraino allarmante. Il giudizio sarebbe scaturito dalle foto rinvenute sul telefono di Genovese, dalle diverse sanzioni che avevano portato al ritiro della patente.L'accusa: "Aveva tentato la fuga"
Secondo le parti civili poi, subito dopo l’incidente costato la vita alle due 16enni, il ragazzo avrebbe tentato di fuggire.
L’auto è stata ritrovata sulla rampa poco in prossimità dell’accesso alla tangenziale ma, come sottolineato dall’avvocato, “ lui ha detto che stava andando al "Treebar" in piazzale Flaminio”, che si raggiunge però da un’altra strada. La tesi delle parti civili è che il giovane abbia tentato la fuga, interrotta però dal guasto della sua macchina. Il 21enne ha sempre dichiarato di non aver tentato di fuggire e di non aver visto le due ragazze, ma di essersi fermato al semaforo in attesa del verde e di essere poi ripartito. Durante la precedente udienza aveva anche ammesso di aver bevuto prima di mettersi alla guida del suv. Starà adesso al Tribunale stabilire se l’imputato ha mentito o ha detto la verità. La sentenza è prevista per il prossimo 30 ottobre e potrebbe costare al ragazzo diversi anni dietro le sbarre. La mamma di Camilla, una delle due giovani vittime, ha commentato: “La vera condanna è nostra. Ed è una condanna a vita”.Segui già la pagina di Roma de ilGiornale.it?
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