Il Piemonte è la regione italiana con il più alto numero di produttori di vino di qualità (20%) ma la Toscana «risponde» con la più alta percentuale di produttori top (21,8%). Il Veneto, invece, è la regione leader per il numero di bottiglie di qualità (16,9%) presenti sul mercato. E la regione più competitiva per il mangiar bene? È la Lombardia, con una quota di mercato pari al 13,5% sul totale nazionale. Ecco il «borsino» dell'Italia enogastronomica secondo il decimo Rapporto annuale «Osservatorio sul Turismo del Vino in Italia» promosso dalle Città del Vino e realizzato dal Censis Servizi, presentato all'Upi (Unione Province d'Italia) a Roma. E se il territorio a più spiccata vocazione enogastronomica d'Italia è la «Provincia Granda», ovvero quella di Cuneo, secondo l'Osservatorio sul podio dei territori al top salgono Siena e Verona. Cuneo è leader anche per la presenza di produttori top, mentre Trento vanta la maggiore estensione di superficie destinata alla produzione di vini di qualità e Roma guida infine la classifica dei territori che offrono la migliore ristorazione.
«Con l'Osservatorio numero 10 - spiega Fabio Taiti, curatore del Rapporto - si è voluto ridare la parola ai territori dell'enogastronomia italiana; abbiamo ritenuto utile "rimappare" l'Italia da Nord a Sud per capire quanti e quali giacimenti di base esistano nel nostro territorio».
Il risultato, sottolinea il presidente delle Città del Vino Giampaolo Pioli, è «un'Italia ricca di una rete estesa, capillare e diversificata di giacimenti enogastronomici, con prodotti dalla forte identità territoriale. Un'Italia del wine & food con un forte gap tra le destinazioni più famose e quelle minori, dove si rischia un'omologazione dell'offerta verso il basso».
«Accanto all'agroalimentare - dice Pioli - che vale il 15% del Pil e può aiutare il Paese a uscire dalla crisi, c'è un altro settore che merita più attenzione: il turismo, destinato nel 2012 a diventare motore dell'economia mondiale per l'Osservatorio sul turismo della Ue, e che in Italia (n. 27 dell'indice mondiale della competitività) rappresenta il 12% del Pil». Insomma, con i flussi turistici dall'estero che valgono ogni anno 30 miliardi di euro, conta più dell'industria dell'automobile. Ma i nostri principali concorrenti, anche perché geograficamente vicini, fanno ancora meglio: la Francia incassa ne 43 e la Spagna 38.
In Italia il turismo enogastronomico ha un giro d'affari che va dai 3 ai 5 miliardi di euro, muove dai 4 ai 6 milioni di turisti ed è secondo l'Istat l'unico settore in crescita dell'intera economia. «Nonostante questo - ha detto ancora Pioli - il governo pensa di eliminare il ministero del Turismo, mentre l'Italia, da sempre tra le mete preferite, resta debolissima sul piano della capacità concorrenziale. Perché manchiamo di un'organizzazione, infrastrutture, servizi e promozione nuovi e unitari, come nel caso del turismo enogastronomico, valorizzato più per iniziativa privata che attraverso una comunicazione istituzionale nazionale».
La presentazione del rapporto è stata anche l'occasione per fare il punto sulla tassa di soggiorno, il balzello che dall'anno scorso è tornato ad appesantire le spese di chi trascorre almeno una notte negli alberghi delle località turistiche italiane.
Secondo un'indagine condotta dal Centro interdisciplinare Turismo, Territorio e Ambiente dell'Università La Sapienza di Roma, hanno applicato la tassa 480 Comuni (dove varia da uno a 5 euro) compresi Roma, Firenze, Venezia, e Torino. Nessuno di questi, però, ha ancora presentato un rendiconto della destinazione degli introiti, o ne ha fatto una comunicazione come invece avviene nella Napa Valley (California, Usa) dove la cartellonistica annuncia ai visitatori gli obiettivi raggiunti con la tassa di scopo, con messaggi del tipo «Turisti, grazie a voi abbiamo istituito un wine bus gratuito che vi permetterà di raggiungere le cantine del territorio».
«In Italia - ha osservato Fabiola Sfodera, vicedirettrice del Centro interdisciplinare - il problema è di mentalità: gli operatori pensano che a fronte della tassa di soggiorno non ci sia niente, che sia solo un modo per riempire le casse dei comuni. Invece è una pratica molto diffusa all'estero, che qui andrebbe comunicata ai turisti e alla cittadinanza con i risultati raggiunti non solo nel territorio comunale, ma nei parchi e aree adiacenti d'interesse turistico. E bene fa - ha concluso - l'associazione delle Città del Vino a considerare la tassa di soggiorno non come balzello ma come opportunità. Una voce fuori da coro, di approccio visionario e positivo».
E l'Ente Turismo delle Langhe e Roero, territorio a fortissima vocazione vitivinicola, annuncia «l'accordo territoriale con più aderenti in Italia»: Comuni e associazioni di categoria hanno sottoscritto l'accordo su una tariffa media di 1,50 euro a persona per notte (contenuta quindi nel 30% del massimale) per oltre il 90% dei pernottamenti e un regolamento applicativo uguale per tutti i Comuni di Langhe e Roero che prevede l'impiego del 50% delle risorse ricavate in progetti per la promozione territoriale. Proprio come avviene nella Napa Valley.
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