"Donatella Colasanti fece la differenza". Gli "sfasci" e l'"Uomo nero" del Circeo

La giornalista Rai Ilaria Amenta ha scritto un libro, "Io sono l'uomo nero" in cui confluiscono parti dei diari di Angelo Izzo, uno dei tre autori del massacro del Circeo

Angelo Izzo
Angelo Izzo

Ci sono 36 ore, tra il 29 e il 30 settembre 1975, che sono passate alla storia più nera come il massacro del Circeo. In quelle 36 ore tre giovani - descritti a turno come “pariolini”, estremisti politici, ragazzi di buona famiglia che avevano frequentato la scuola cattolica - picchiarono, stuprarono e seviziarono due ragazze di età poco inferiore alla loro. Alla fine ne uccisero una, Rosaria Lopez, annegandola nella vasca da bagno. L’altra, Donatella Colasanti, si finse morta e riuscì a sfuggire all’asfissia cui i tre aguzzini l’avevano sottoposta: morì nel 2005 per un tumore al seno, dopo essersi battuta tutta la vita per la giustizia e per le donne.

Quei tre giovani si chiamano Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido. Furono condannati tutti all’ergastolo. Ghira, latitante dalla prima ora, non fece mai un giorno di carcere, per poi morire di overdose negli anni ‘90 mentre era arruolato nella Legione Straniera. Guido, che evase per due volte dal carcere, ha terminato la sua pena nel 2009. Izzo, durante un periodo in regime di semilibertà, nel 2005 uccise a Ferrazzano, in Molise, una donna, Maria Carmela Linciano, e la figlia 14enne di questa, Valentina Maiorano. Nel 2023 parte dei diari di Izzo sono confluiti nel volume curato dalla giornalista Rai Ilaria AmentaIo sono l’uomo nero”. L'autrice ne parla con IlGiornale.it.

Dottoressa Amenta, da dove viene il titolo?

“Il titolo nasce da un’idea che fa riferimento al nero come ‘colore’ della cronaca, ma c’è anche la connotazione politica, quella dell’estrema destra, sebbene in realtà Angelo Izzo e i suoi sodali abbandonarono molto presto l’ideologia politica, per diventare lentamente ma inesorabilmente una vera e propria organizzazione criminale”.

Com’è entrata in possesso di questi diari?

“Ne sono entrata in possesso in maniera del tutto fortuita. Un giorno mia madre stava male: ho dovuto sbrigare delle pratiche burocratiche per la sua salute e ho incontrato un operatore, Danilo, con il quale entrai in confidenza. Mi disse che un altro suo assistito era stato in galera con Angelo Izzo e gli aveva dato dei diari. Mi chiese se avessi voluto leggerli. Ho scoperto in quei diari una pagina di storia: Izzo racconta e si racconta partendo dall’inizio, a partire dagli anni ’60, uno spicchio di Roma che poi è arrivata a compiere il massacro del Circeo con grande dovizia di particolari - lui è ossessionato dai dettagli - e come si sia arrivati a quel delitto”.

In che senso?

“Queste persone erano nate e cresciute in un certo ambiente, conservatore, facoltoso, ma poi cominciarono a girare con moto - che non avrebbero potuto neppure guidare - pistole, e commettere inizialmente piccoli crimini, come furti di motorini, per poi passare alle banche e ai sequestri, e quelli che Izzo chiama ‘sfasci’, ovvero la violenza contro le ragazze. Perché per loro le ragazze o sono prede o sono compagne. Il massacro del Circeo è l’apice di un’escalation. Tanto che un anno e mezzo prima, due ragazze subiscono violenza da loro, ma vengono condannati a 2 anni e 6 mesi, per poi essere rilasciati con la condizionale dopo 6 mesi, perché di buona famiglia e perché non c’erano leggi a tutela delle donne - lo stupro era un crimine contro la morale. E qui torniamo all’ambiente: se contavi, potevi ricevere determinati favori”.

Perché ha deciso di scrivere il libro?

“Il male non si nasconde sotto il tappeto, sia per il lavoro che faccio - l’informazione è fondamentale per conoscere - sia per il messaggio di Donatella Colasanti. Ho conosciuto suo fratello: dopo un incontro con lui ho pensato che quel messaggio dovesse essere portato avanti. E poi c'è stata quest’estate dominata dei femminicidi e degli stupri. La cosa che più colpisce è che oggi un caso di stupro viene trattato come 50 anni fa: quando ho letto le pagine dell’epoca sul massacro del Circeo, ovunque era scritto che le ragazze se l’erano cercata. La differenza nel modo in cui noi giornalisti oggi trattiamo i casi di stupro io non la trovo. Le differenze sono solo a livello di legge”.

Quanto c’è di vero nei diari di Izzo? Facciamo un esempio: Izzo dice che il massacro fu organizzato per testare la lealtà di un sodale.

“Da sempre e comunque, tutti gli esperti sostengono che fu un delitto premeditato. È plausibile pensare che questa sia stata la ragione della premeditazione. Non è stata mai provata, ma queste pagine possono aggiungere qualcosa. Ci sono tuttavia altri fatti raccontati che non hanno riscontro, come il sequestro del figlio di Alemagna, che è rimasto senza colpevoli, stando alle cronache dell’epoca”.

E la presenza di una donna al massacro è verosimile?

“Non c’è una testimonianza di Donatella in tal senso. Può darsi che sia stato però perché la sua difesa intendeva mandare un messaggio agli uomini e difendere le donne, ma è un’ipotesi. Ritengo però possibile che altre persone abbiano partecipato allo stupro, tanto più che le donne hanno partecipato ad altri crimini. Ho chiesto in una corrispondenza a Izzo cosa pensasse delle donne. E lui ha risposto di non avere una visione della donna unilaterale: per lui la donna è anche una compagna. E scrive che la donna è uguale all’uomo, ne è convinto”.

Stando alla versione di Izzo, in moltissimi sarebbero stati coinvolti nella latitanza di Ghira. Com’è possibile che la reazione al massacro non fu univoca e che nessuno, nella loro rete di amicizie, si sia ribellato?

“Ti devi catapultare in quegli anni e in base a quanta letteratura hai letto, per esempio su genitori che coprono i figli che commettono crimini. Che le famiglie abbiano coperto i figli mi sembra la cosa più naturale del mondo. Tra l’altro Donatella, quando Ghira scappò, non aveva ancora parlato, perché il processo sarebbe iniziato molto dopo. E quindi Ghira potrebbe aver dato la sua versione ai genitori. E non dimentichiamo che in quegli anni l’alta borghesia predominava”.

Perché Donatella Colasanti non ha mai creduto alla morte di Ghira?

“Ho posto la stessa domanda a suo fratello. Perché forse non voleva arrendersi al fatto che lui non aveva fatto neppure un giorno di galera per le sue azioni. Il procuratore Giuseppe De Falco, che mi ha onorata di scrivere l’introduzione al libro e che ha condotto le operazioni del ritrovamento delle ossa di Ghira, mi ha fatto vedere le carte e al 99% si tratta di Ghira o di un suo fratello gemello. Donatella però si può capire, anche se non saremo mai in grado di comprendere quello che ha passato. Anche la sorella maggiore di Rosaria Lopez sostiene di aver mandato un perito di parte durante il prelevamento delle ossa e questo periodo abbia detto: ‘Non è Ghira’. Ma il Dna venne fatto due volte”.

Nonostante siano passati decenni, nei casi di violenza contro le donne, alcune persone continuano ad accusare vittime e sopravvissute?

“È un retroterra figlio di una cultura difficile da scalfire e che andrebbe scalfito in ogni senso, per ogni tipo di reato e contro l’indifferenza. Credo che molte colpe siano anche di noi giornalisti”.

Perché il duplice femminicidio di Ferrazzano è meno noto rispetto al massacro del Circeo?

“Cosa ha reso il Circeo il Massacro - con la M maiuscola? Donatella Colasanti. La sopravvissuta. Senza di lei non avremmo mai saputo i dettagli di quella storia. Abbiamo ascoltato lei, l’abbiamo vista in faccia - con tanto di foto di lei che esce dal portabagagli, e quell’immagine resta addosso - e il suo processo è stato il primo a cambiare il modo in cui la legge trattava la violenza sulla donna. Il delitto di Ferrazzano avviene con tante modalità simili.

Ma comunque il delitto ebbe grande eco: nessuno si aspettava che accadesse qualcosa del genere e tutti si sono chiesti perché Angelo Izzo fosse libero. Ed era libero perché dopo il Circeo è stato condannato come una persona normale, non essendo state accolte le perizie di parte, e quindi era un detenuto che beneficiava, come tutti gli altri un permesso premio”.

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