Costretta a indossare il velo integrale (burqa) e sposare il cugino in Bangladesh. È quanto emerge dalle carte di un'inchiesta, su cui indaga anche la procura dei Minori, relativa al caso della 15enne bengalese verosimilmente vittima di maltrattamenti familiari. I genitori della ragazza, finiti a processo, si difendono: "Non è mai stata picchiata", fanno sapere tramite l'avvocato Lucia Gasperini. Ma la procura è di altro avviso e contesta alla coppia anche il reato di induzione al matrimonio.
Il tema
La traccia del tema scolastico aveva un titolo chiaro e inequivocabile: "Avvenimenti importanti della mia vita fino a oggi". Salma, 15 anni, ne ha molti da raccontare. Fin troppi per la sua giovane età. Così mette nero su bianco: "Mi piace l'Italia, perché la donna è indipendente. Qui le donne si possono mettere vestiti normali, possono uscire, incontrare le amiche. Anche io voglio una vita normale e indipendente. - scrive la ragazzina - Ma la mia famiglia non vuole che io parli con i miei amici, dice che devo mettere il velo, dice che non posso studiare, non posso fare niente". Poi il racconto prende una piega ancor più straziante: "Dicono (i familiari ndr) che devo tornare in Bangladesh per sposarmi". Nello scritto, Salma racconta anche di una volta in cui il fratello l'avrebbe picchiata fino a farle "sanguinare un orecchio" e afferma che i genitori le impediscono di studiare: "Voglio lasciare la mia famiglia e studiare per un futuro libero e migliore". Parole che diventano macigni sfociando, nelle settimane successive, in una denuncia per maltrattamenti familiari e induzione al matrimonio nei confronti dei familiari.
La difesa dei genitori
I genitori della 15enne negano di aver mai sfiorato anche solo con un dito la figlia e forniscono una versione degli episodi cristallizzati agli atti dell'inchiesta diametralmente opposta. "Non sono state svolte indagini oltre alla raccolta delle dichiarazioni della parte offesa e dei genitori - spiega l'avvocato Lucia Gasperini, difensore della coppia a Il Messaggero - In famiglia sono disperati e sono disposti ad affidarsi alle istituzioni italiane per trovare supporto nell'educare la figlia, a cui vogliono bene. Non è mai stata picchiata a sangue come lei riferisce. Con il fratello ci sono state delle spinte, non si spiegano i 15 giorni di prognosi del pronto soccorso. Ci chiediamo se saranno fatte perizie psicologiche per capire perché stia dicendo tante cose non vere". Alle parole di Salma, invece, ha creduto la Procura. Nel capo di imputazione viene sottolineato che "madre, padre e fratello avrebbero maltrattato la ragazzina, picchiandola e spintonandola se non rispondeva alle regole culturali e religiose imposte".
La procura: "Regime vessatorio"
Per il pm Claudia Alberti, che ieri ha chiuso le indagini, la 15enne avrebbe vissuto nel contesto di un "regime vessatorio". Non solo. A Salma sarebbe stato imposto di occuparsi anche delle faccedende domestiche: dalla preparazione dei pasti alla pulizia della casa. Secondo l'accusa, in una circostanza specifica, la ragazzina sarebbe stata colpita con una scopa e con pugni che le avrebbero fatto sanguinare la bocca. E ancora, una volta avrebbe battuto la testa contro l'armadio nel tentativo di divincolarsi da un'aggressione. Anche il fratello si sarebbe accanito su di lei quando, il 13 ottobre scorso, Salma aveva rifiutato di indossare il velo integrale.
Il padre, invece, le avrebbe imposto regole intrasigenti "privandola della libertà di uscire e frequentare i coetanei". E poi il matrimonio con il cugino in Bangladesh. A fronte di tale prospettiva, Salma è andata via di casa denunciando i genitori per maltrattamenti.
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