Il controllo sarà “a campione” per gli studenti, mentre verrà effettuato “uno a uno” per i docenti e i dipendenti. Le università italiane si preparano a riaprire i battenti, in vista dell’avvio del prossimo anno accademico, un nuovo inizio in presenza che prevede, come ha dichiarato al Corriere della Sera il ministro dell’Università Maria Cristina Messa, l’obbligatorietà del Green pass per tutti. Il controllo per gli studenti durante l’esame sarà eseguito dal docente o da un suo assistente prima dell’interrogazione; gli insegnanti, invece, dovranno mostrare la certificazione all’ingresso negli atenei più piccoli, mentre nelle grandi università si stanno predisponendo piattaforme per rendere le verifiche più agevoli.
Le regole sono molto ferree. Su uno studente è sprovvisto di Green pass ha dichiarato il ministro Messa “verrà fatto uscire un po’ come sul treno, quando si scende alla stazione successiva”. Chi dovrà provvedere a far rispettare le regole è il rettore, il quale, in caso di situazioni particolarmente gravi, potrà segnalarle alle autorità preposte. È evidente che in casi limite gli studenti rischiano anche di essere sanzionati. L’obbligo del Green pass nelle università ha un obiettivo ben chiaro: quello di invogliare i ragazzi e gli insegnanti a vaccinarsi. Come conferma il ministro Messa “gli atenei potranno raccogliere circa il 75% dei loro studenti in presenza”.
Per quanto riguarda i corsi più affollati si dovrà far ricorso alla didattica integrata, con lezioni da svolgere anche a distanza. Il ministro Messa ha, quindi, ribadito che le regole rigide valgono anche per le università italiane, dopo le proteste di oltre trecento docenti che, sostenuti dallo storico Alessandro Barbero, qualche giorno fa avevano lanciato un appello in cui si definivano contrari all’introduzione della certificazione verde negli atenei. Per loro il Green pass crea discriminazioni evidenti tra i cittadini.
I promotori sostengono che chi è in possesso della tessera continua a godere dei diritti sanciti dalla Costituzione, mentre chi non è vaccinato viene limitato, in maniera arbitraria, di quegli stessi diritti che sono fondamentali in un Paese democratico. Tra i firmatari, ci sono docenti di ogni estrazione politica, dalla sinistra estrema alla destra liberale.
A) sul fatto che tre regioni (due già in difficoltà conclamata) non abbiano ancora vaccinato il 50%dei loro over 60 e ad un'altra popolosa ne manchino ancora il 40%
B) fa comodo tacere sulle responsabilità iniziali (vergogne varie e carenza del famoso piano) , avendo curato molto l'aspetto informativo legato alle irresponsabilità di fasce di cittadini, piuttosto che alle responsabilità della politica (ben nascosta sotto le ali, dello, "tzunami improvviso".).
D'accordo sul vaccino, ma informazione meno asservita sulle responsabilità!
Ascoltare una lezione a distanza è come frequentarla in presenza, o forse meglio.
Così come il lavoro a distanza produce, di norma, un aumento della produttività (cosa ampiamente certificata e confermata. D'altronde, chi va in spiaggia in orario d'ufficio, lo fa comunque - ma questa è una mostruosità ben delimitata, geograficamente, e non fa testo).
Per le menti sclerotiche (ogni allusione è puramente voluta) bisogna che tutto avvenga in presenza, e chi non si presta a sperimentazioni sui farmaci, debba essere bacchettato sulle mani, ed espulso dall'aula.
C'è un consenso tipo notte dei cristalli, in questo consenso entusiastico sull'eliminazione dei reprobi, e degli infedeli.