Quelle Saman uccise in nome della sharia

Quante Saman ancora? In Italia e in Europa l'elenco delle donne vittime della Sharia o dell'immigrazione incontrollata è lungo.

Quelle Saman uccise in nome della sharia

Quante Saman ancora ci dovranno essere prima che una certa parte politica arrivi a chiamare le cose con il loro nome senza ricorrere a espedienti ridicoli, ingannevoli, persuasivi, che non tengono conto della realtà.

Saman Abbas è sparita, o è stata fatta fuori, non perché vittima di femminicidio come ha esordito qualcuno dopo giorni di imbarazzante silenzio, ma è sparita perché Saman Abbas negli occhi aveva la voglia di vivere, voleva vivere all’occidentale, ma era stata promessa in sposa. E si è ribellata.

Saman Abbas non è l’unica. Sono vittime di mariti padroni, schiave di estremisti islamici. Figlie di padri padroni, mogli di uomini con altrettante mogli. Sono madri di quelle figlie che a loro volta diventeranno vittime. Dietro l’universo femminile concepito dall’Islam violento c’è tutto un palcoscenico dell’orrore.

Ci sono donne in Afghanistan costrette a vivere dentro a sacchi di stoffa, dove il niqab, che molti in Italia hanno sbandierato come simbolo dell’integrazione e del rispetto verso le altre culture, lascia scoperti soltanto gli occhi. Ci sono donne anche in Italia che preferiscono farla finita anziché finire condannate a spose di chi è stato loro destinato. E ci sono donne in Italia morte ammazzate seviziate e stuprate da mani e occhi che le vedevano troppo occidentalizzate. O prese e ammazzate da riti tribali ancestrali, messi in pratica da chi ha abusato di loro e poi le ha lasciate lì agonizzanti a morire. Le ha tagliate a pezzi. Le ha fatte fuori. Ha squarciato loro il ventre come si squarciano gli animali.

Pamela Mastropiero è stata ammazzata da un nigeriano il 30 gennaio 2018, il suo corpo venne ritrovato mutilato in due valigie. Desirée Mariottini, 16 anni, drogata, stuprata, violentata a turno. Si erano messi in fila per dilaniarle il corpo. Poi quando hanno visto che non dava più cenni di vita l’hanno lasciata lì agonizzante a morire.

Due ragazze vittime della stessa mano: l'immigrazione incontrollata.

Rachida Radi invece, 35 anni, egiziana, rientra nei delitti d’onore. Voleva integrarsi, avvicinarsi al Cristianesimo ma è stata uccisa a martellate dal marito nel 2011 perché viveva all’occidentale. Lui le ha sfondato il cranio.

Hina Saleem, classe 1985, pachistana, è stata ammazzata dai parenti a coltellate l’11 agosto 2006 perché non voleva adeguarsi agli usi tradizionali della cultura d'origine. Venne sgozzata e sepolta nell'orto di casa a Brescia. Quando la trovarono aveva la testa rivolta verso la Mecca e il corpo avvolto in un sudario.

Sanaa Dafani, di origini marocchine, a Pordenone è stata ammazzata dal padre a coltellate in un bosco, mentre era in compagnia del fidanzato italiano. La tradizione non consente di vivere con un uomo senza sposarsi.

Souad Alloumi invece è scomparsa nel 2018. E ce ne sono tante altre. Sono ragazze belle, solari, radiose, con quegli occhi luminosi e raggianti. Le loro colpe: rifiutarsi di indossare il velo islamico, vestire all'occidentale, fumare qualche sigaretta, farsi qualche selfie, indossare jeans, frequentare amici cristiani, avere amici non musulmani, studiare o leggere libri “impuri”, ascoltare musica o suonare, voler divorziare, essere troppo indipendenti emancipate. Portare disonore alla famiglia.

Accade in Italia e anche nel resto d’Europa. Sohane Benziane è stata torturata e bruciata viva il 4 ottobre del 2002 in Francia. Le hanno dato fuoco con un accendino. La gente in diretta assisteva alla sua morte. Aveva 17 anni. In Svezia Fadime Sahindal è stata uccisa a colpi di pistola perché si era avvicinata alla cultura occidentale. È stata uccisa dal padre dopo essersi segretamente incontrata con la madre e le due sorelle più piccole, alle quali era stato vietato di vederla. Morì tra le braccia della madre. Era stata espulsa dalla famiglia quattro anni prima per una sua relazione con un giovane svedese-iraniano. Ci hanno fatto un libro.

Il The Guardian riporta come Sahindal, 26 anni, abbia “pagato il prezzo più alto per essersi innamorata dell'uomo sbagliato e aver sfidato i valori patriarcali della sua cultura. Suo padre era un contadino curdo analfabeta che si trasferì in Svezia nel 1980. La sua famiglia arrivò quattro anni dopo, quando Fadime aveva sette anni. I suoi genitori la scoraggiarono dal parlare ai bambini svedesi a scuola. Invece, le è stato detto che l'importante era tornare in Turchia e sposarsi. È cresciuta sotto il controllo di suo padre e del fratello minore”. Anche a Heshu Yones, curda irachena, molto bella, hanno tagliato la gola perché aveva un fidanzato cristiano. Aveva 16 anni. La figlia secondo il padre era diventata troppo “occidentalizzata” e aveva intrattenuto una relazione contro i suoi ordini. Rukhsana Naz a Londra, addirittura ancora nel lontano 1998, è stata uccisa perché aveva rifiutato un matrimonio combinato. Aveva 19 anni.

Per non parlare dei padri padroni che tengono segregate in casa le mogli, le picchiano, le

violentano, non accettano che le figlie possano diplomarsi.

Questo fenomeno che per i sordi viene derubricato come violenza domestica, si chiama Sharia. Quello che la sinistra si ostina a chiamare femminicidio.

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