La seconda Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen può ufficialmente insediarsi e partire per il prossimo quinquiennio di legislatura comunitaria. A quasi sei mesi dalle elezioni europee di inizio giugno e ottanta giorni dopo la presentazione dei ventisei commissari che affiancheranno l'esponente tedesca fino all'autunno del 2029, la seduta plenaria odierna del Parlamento europeo di Strasburgo ha dato il via libera al secondo mandato consecutivo del governo Ue presieduto dall'ex ministra della Difesa: l'Ursula bis infatti, con scrutinio palese, ha ricevuto 370 voti favorevoli, contro i 282 contrari, oltre a 36 astenuti. 31 sì in meno rispetto alla votazione personale sulla presidente di quattro mesi fa, per la maggioranza più risicata nella storia ottenuta da una Commissione Ue (51,38% degli eletti).
A favore del von der Leyen 2 i Popolari, ma c'è anche il sostegno compatto e decisivo da parte degli eurodeputati di Fratelli d'Italia - partito a cui appartiene il neo vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto - dopo il no alla fiducia dell'Ecr alla responsabile massima dell'esecutivo europeo la scorsa estate. Si spacca invece la famiglia dei Socialisti: nel Partito Democratico Cecilia Strada e Marco Tarquinio hanno votato contro. No pure di europarlamentari tedeschi dell'Spd come Udo Bullmann e belgi come Elio Di Rupo. In tutto 25 deputati socialisti hanno votato contro la nuova Commissione, che dal prossimo 1° dicembre avvierà così i propri lavori istituzionali. Esulta il capodelegazione di FdI-Ecr, Carlo Fidanza: "Non so se davvero questa sarà la Commissione più a destra della storia, come sentiamo dire da una sinistra nervosa e dai verdi nervosissimi. Me lo auguro francamente, ma lo vedremo".
Nel suo discorso davanti ai parlamentari europei eletti in primavera, von der Leyen ha tracciato la rotta del suo nuovo mandato, affrontando subito uno dei temi cruciali di attualità: la Difesa. La sua strategia è molto chiara: maggiori investimenti per contrastare le minacce che arrivano dalla Russia. "Significa fare scelte difficili. Significa investire massicciamente nella nostra sicurezza e prosperità. E soprattutto significherà rimanere uniti e fedeli ai nostri valori. Trovare il modo di lavorare insieme e superare la frammentazione – ha precisato la presidente della Commissione Ue –. Perché credo che la nostra generazione di europei debba lottare ancora una volta per la libertà e la sovranità". Poi, il punto sulla competitività, in base al rapporto Draghi: "Chiudere il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, costruire un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività, aumentare la sicurezza e la riduzione delle dipendenze". E tra queste c'è anche quella dal gas russo, da cancellare definitivamente: "È arrivato il momento di sostituire le importazioni di gnl russo e so che il Parlamento europeo ci sosterrà in questo".
Offerte personali garanzie a chi si aspetta una Commissione meno green rispetto al passato non tardano ad arrivare: "Dobbiamo mantenere e manterremo la rotta sul Green Deal Ue. Ma se vogliamo avere successo in questa transizione, dobbiamo essere più agili e accompagnare meglio le persone e le aziende lungo il percorso - aggiunge von der Leyen -. E dobbiamo giocare sui nostri punti di forza, ossia le nostre industrie e piccole e medie imprese, i nostri innovatori e lavoratori". Infine, il punto critico sull'allargamento del sostegno alla nuova squadra di Palazzo Berlaymont anche a partiti di destra, in particolare modo dei Conservatori: "Lavoreremo con tutte le forze democratiche pro-europee in questa camera. E come ho fatto nel mio primo mandato, lavorerò sempre dal centro. Perché tutti vogliamo il meglio per l'Europa e il meglio per gli europei. Quindi ora è il momento di unirci". Per poi andare dritta al punto: "Nelle ultime settimane, avete esaminato attentamente ogni membro di questo collegio. So che non è stato facile. Ma superare le divisioni e forgiare compromessi è il segno distintivo di ogni democrazia viva".
Per arrivare al risultato definitivo di oggi la von der Leyen ha dovuto superare un percorso particolarmente lungo e insidioso. Le votazioni avvenute in tutti i ventisette Paesi dell'Unione europea tra il 6 e il 9 giugno scorsi avevano già delineato una maggioranza europarlamentare che, sulla carta, potesse riconfermare von der Leyen nel suo incarico, in quanto candidata (poi vincente) del Gruppo che ha ottenuto più seggi a Bruxelles, ovvero il Partito Popolare Europeo. Il nome della presidente uscente è stato successivamente proposto dal Consiglio europeo (l'istituzione dove siedono i capi di governo e di Stato dei Paesi membri) che ne ha designato formalmente la nomina lo scorso 26 giugno nella capitale belga. La seduta inaugurale del nuovo Europarlamento le ha rinnovato la fiducia con voto segreto il 18 luglio, a Strasburgo, con 401 i voti favorevoli: 40 in più rispetto alla soglia minima prevista per legge dei 361 sì (la maggioranza assoluta dei 720 rappresentanti europei).
Von der Leyen resta al capo dell'esecutivo europeo, ma la parte più dura del cammino arriva sicuramente con l'avvicinarsi della stagione autunnale. Bisogna formare la nuova squadra di governo e (come prassi) tutti i i presidenti del Consiglio nazionali propongono un loro nome per la Commissione e la premier italiana Giorgia Meloni - che pure aveva rivendicato il suo No a Ursula presidente, convinta comunque di potere avere un buon rapporto di forza sulle imminenti contrattazioni - nomina il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, nel Cdm del 30 agosto. L'esponente tedesca conferma la presenza del nome dell'ex presidente della Regione Puglia nella conferenza stampa del 17 settembre, sottolineando come il politico di FdI diventerà il responsabile in Ue delle Riforme e delle Politiche di Coesione, nonché uno tra i sei vicepresidenti esecutivi. Ma è proprio su Fitto che si scatena una serie di proteste, scaturite soprattutto dai Socialisti Europei e, in primis, del Partito Democratico: la critica riguarda la collocazione politica del ministro e il conseguente spostamento politico troppo a destra della Commissione entrante.
Parte così una ridda di veti e controveti che riguardano anche la figura di Terera Ribera, vicepresidente con delega alla Transizione giusta e alla Concorrenza. La ministra spagnola di sinistra finisce infatti nel mirino dei Popolari a causa della mancata gestione dell'alluvione di Valencia: viene chiesto di mettere nero su bianco l'obbligo di sue dimissioni dalla Commissione Ue nel caso in futuro finisca sotto processo proprio per la tempesta Dana.
I giorni che seguono le audizioni personali e il blocco dei voti nelle rispettive commissioni competenti diventano alquanto febbrili, fino a quando si arriva finalmente al "nulla osta" arrivato mercoledì 27 novembre: si sancisce l'accordo e arriva l'ok anche per i contestati Fitto e Ribera. Con il voto di oggi da parte dell'emiciclo legislativo in terra francese, l'Ursula-bis è ufficialmente realtà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.