Un vino più antico della Rivoluzione Francese, un pane giovanissimo che ha già cambiato le abitudini alimentari e un simbolo dell'Italia nel mondo, che proprio domani celebrerà l'arte del canto lirico quale patrimonio Unesco. Tre eccellenze a comporre un unico caleidoscopio di forme e culture, chiamato Made in Italy. A dare materia all'incontro veronese organizzato ieri dal Giornale sono le testimonianze di chi grazie a competenza e creatività ha contribuito a disegnare l'immagine del Paese oltreconfine. Sollecitati da Ohara Borselli, Sandro Boscaini (presidente di Masi Agricola Spa), Massimiliano Anzanello (ad di Arte Bianca - Pan Piuma) e Andrea Compagnucci (direttore marketing dell'Arena di Verona) raccontano storie di successo diverse ma unite da un solo lungo filo.
Il Cavaliere del lavoro Sandro Boscaini rappresenta la sesta generazione della Masi, nata in Valpolicella nel 1772 e oggi leader dell'Amarone pure quotata in Borsa. È lui a tracciare il solco: «Il genius loci è il sale della nostra terra, dove l'uomo ha forgiato il suo sapere fatto di cultura, di storia e di appartenenza al territorio. Il made in Italy ha questa connotazione di umanesimo». Chi ha dato retta alle proprie intuizioni scrutando i nuovi costumi degli italiani è Adriano Anzanello, che sin dal 1968 con la sua Arte Bianca ha rivoluzionato il modo di utilizzare il pane senza crosta. A raccontare la nascita del «pan piuma» (quello del tramezzino) è il figlio Massimiliano, ad dell'azienda: «Ci siamo imposti nella grande distribuzione grazie a competenza e know how, ma anche grazie agli studi: il 30% delle mamme, infatti, decorticava il pan bauletto perché i bambini preferivano solo la parte morbida. Dopo circa otto mesi di lavoro per raccogliere le caratteristiche di successo per un nuovo prodotto, è nato il concetto pan piuma». Parlando a poche centinaia di metri dall'Arena di Verona, è il suo direttore marketing a raccontare quel magico contenitore simbolo dell'Italia: «Oggi l'opera è riconosciuta nel mondo come made in Italy senza il bisogno di un marchio. Nel mondo i teatri sono costruiti all'italiana, il 90% dell'opera è in lingua italiana. Proprio come la pizza, si tutela da sola». E l'Arena, che nell'ultima stagione ha ospitato oltre 400mila spettatori (il 60% stranieri), ne rappresenta la massima espressione. «È una storia che prosegue da 101 edizioni. Fu il tenore Giovanni Zenatello a capire che quel vecchio anfiteatro poteva tornare a fare spettacolo».
Una delle sfide del futuro è far coesistere élite e massa, fascia alta e bassa. Boscaini non ha dubbi: «Attraverso il marchio gli imprenditori già si adattano al mercato, quando un prodotto non è più di moda si punta sull'élite. Ma la politica dovrebbe cambiare norme ormai obsolete, anche nel madre in Italy non si può fare di tutta l'erba un fascio».
Per Compagnucci, invece, «l'Arena già riesce ad unire la fascia alta e il resto del pubblico, perché quello spazio travalica esperienza dell'opera».
Anzanello si concentra sul consumatore «sempre più esigente, attento ai valori nutrizionali, che cerca alimenti più proteici. Su questo dobbiamo andare incontro. Perché se per l'italiano made in Italy è rassicurazione, per chi viene dall'estero è garanzia di qualità ed eccezionalità».
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