Solinas spiega come solcare gli oceani dell'esistenza

La nuova edizione di "Compagni di solitudine" dello scrittore e giornalista raccoglie esperienze e reportage di una vita intera

Solinas spiega come solcare gli oceani dell'esistenza

Per scrivere libri di viaggio e di mare bisogna mettere su carta un universo interiore individuale, riconoscibile, unico, e far confluire nella propria scrittura esperienze, incontri, passioni, conoscenze, curiosità. Bisogna conoscere la natura e la storia, e avere una sensibilità mitica. E soprattutto credere nell'avventura, nella grandezza, nell'invenzione del futuro, nella libertà assoluta e nel destino: valori non commerciabili in una cultura falsamente democratica, conformista, debole, rinunciataria come è stata troppo spesso quella del nostro povero Paese.

Stenio Solinas, che oggi va annoverato tra i pochissimi veri scrittori di viaggio e di mare in Italia, lo sa bene e, come è chiaro sin dall'impianto di Compagni di solitudine, concepisce la vita, il viaggio, la militanza proprio come avventura. Intitola la prefazione alla nuova edizione, appena apparsa per l'editore Bietti, «Vent'anni dopo», come il secondo romanzo della saga dei Moschettieri. Questo richiamarsi a Alexandre Dumas è appropriato, e beneaugurante, per chi come Solinas ha il culto dell'amicizia e il senso dell'onore. In queste nuove pagine Solinas traccia una specie di sintetica autobiografia politica, letteraria, editoriale, sentimentale.

Ricorda il suo pamphlet controcorrente Per farla finita con la destra, affronta con lucidità spietata il tema di un conservatorismo impossibile in Italia, dove dal Risorgimento in poi un polo moderato e uno progressista hanno dominato, a volte tra loro complici, proprio per rendere impronunciabili i termini destra e conservatore, e rievoca l'incontro con Mario Spagnol, l'ultimo grande vecchio dell'editoria italiana, con suo figlio Luigi, dalla dolcissima anima d'artista, con Edmondo Aroldi, editor eccentrico e dall'ironia impagabile. Ho avuto la fortuna di lavorare a lungo accanto a loro, e capisco come tra loro e Solinas, che quasi trent'anni fa mi invitò a collaborare a queste pagine, si sia stabilita una immediata sintonia. Solinas è fieramente irregolare nella sua formazione, su cui agiscono autori lontanissimi tra loro, ad esempio, da una parte Salgari e Dumas per l'educazione fantastica e sentimentale e dall'altra Prezzolini per un bagno di realtà intellettuale. Ed è fieramente non inquadrabile nelle sue passioni politiche: la sua destra, eventualmente, è ideale e valoriale, è ribrezzo per certi aspetti della modernità, gusto della sfida e del coraggio, onore reso alla sconfitta.

Non è casuale dunque la sua predilezione per Arturo Perez-Reverte, per i suoi eroi, dal Capitano Alatriste a Lorenzo Falcò, senza altra causa che sé stessi. In Acquatica (Gog editore), che comprende Percorsi d'acqua e Da Parigi a Gerusalemme. Sulle orme di Chateaubriand, vorrei sottolineare le bellissime pagine su Bassora, sbocco al mare dell'Iraq martoriato dalla guerra, sulle isole Hyères, i tropici di Francia, su Key West, l'ultima delle isole Keys che ricordo di aver raggiunto su quella incredibile strada che corre sul mare unendole tutte a partire da Miami, e dove è conservata la casa di Hemingway. E poi le pagine sulla Senna, sul Train Bleu e la Costa Azzurra colonizzata dagli inglesi, Somerset Maugham, D.H. Lawrence, P.G. Wodehouse, e quelle sulla identità storica, spirituale e religiosa della Turchia, importanti e che condivido nel loro postulare un legame più stretto tra l'Europa e la Turchia stessa. Ci sono pagine gustosissime, tra cui eccelle quella sul filetto alla Chateaubriand, come viene servito alla Coffee House del Traveler's Club di Londra. Compare l'Henry Miller del Colosso di Marussi, con i tratti pagliacceschi del suo vitalismo, per me adorabili, ma riprovevoli dal punto di vista del visconte François-René de Chateaubriand.

Dove Solinas mostra al massimo le proprie qualità di scrittore, il proprio stile inconfondibile è forse in Apologia del nuotatore. Lì davvero eleva il nuoto e il nuotare a una dimensione mitica con grande grazia e profondità. Il nuoto è per Solinas una traversata marina. In piscina diventa sport, allevamento in batteria. Il nuoto è solitudine, individualità, sfida fisica e spirituale, piacere supremo, trasumanante, in cui si diventa pesce o divinità marina. È libertà infinita e insieme disciplina, destino. Prendo nota divertito che il dorso è uno stile da pensionato: però io, nuotando prevalentemente sul dorso, mi rivolgo al cielo e sento di vivere nell'eternità secondo Rimbaud («il mare che se ne va con il sole»).

Il nuoto infine non è né totalitario, né democratico. È aristocratico. E forse questo culto della aristocrazia astorica, pre-rivoluzionaria, spirituale e mondana, è la chiave per leggere questo autore così inattuale, dunque così necessario.

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