L'"erede" di Ratzinger a ruota libera contro Bergoglio

Il cardinale Gerhard Müller, che Benedetto XVI volle all'ex Sant'Uffizio prima di lasciare, critica il governo di Papa Francesco

L'"erede" di Ratzinger a ruota libera contro Bergoglio

Gerhard Ludwig Müller non è un cardinale qualunque. Fu a lui, infatti, che Benedetto XVI pensò di affidare la guida della Congregazione per la dottrina della fede nel 2012 e sempre a lui, prima ancora, chiese di curare l'Opera Omnia dei suoi studi teologici. Il malessere che il porporato tedesco vive nell'attuale pontificato era ben noto da tempo, ma il ritratto al vetriolo che ha riservato a molti aspetti del governo di Francesco in un libro-intervista scritto con la vaticanista Franca Giansoldati ("In buona fede: La religione nel XXI secolo", editore Solferino) non poteva non far discutere.

Ex collaboratore

Bisogna ricordare, infatti, che Müller è stato il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede di Francesco dal 2013 fino al luglio del 2017. In quell'anno venne - inusualmente per chi ricopriva quest'incarico - sostituito alla scadenza del mandato quinquiennale con il suo numero due, il gesuita Luis Francisco Ladaria Ferrer.

Già all'epoca dei fatti trapelò la notizia di una cacciata non indolore e successivamente il cardinale confermò queste indiscrezioni, raccontando in varie interviste di essere stato congedato in malo modo dal Papa. Nel libro, Müller ha arricchito di particolari circostanziati l'udienza in cui Bergogliò gli comunicò la sua rimozione.

"Il giorno prima era il 29 giugno, festa solenne di Pietro e Paolo e ricordo che Papa Francesco mi abbracciò sul sagrato della basilica davanti a tutti, alla fine della messa, dicendomi di avere piena fiducia in me", racconta. "Mi disse proprio così. Il giorno seguente mi recai puntuale in udienza al Palazzo Apostolico per sottoporgli una serie di questioni che erano rimaste in sospeso, si trattava di un appuntamento di routine per il Prefetto della Congregazione della Fede. A conclusione del breve colloquio mi disse sinteticamente: 'Hai terminato il tuo mandato. Grazie per il tuo lavoro' senza fornirmi alcun motivo", prosegue il prelato.

Francesco credette a quelli che Müller bollò come "chiacchieroni" e che probabilmente presentarono l'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede come un nemico del Papa. Quell'ultimo incontro impressionò il cardinale per il "volto compiaciuto" del suo superiore e per "lo stile frettoloso" del congedo, evidentemente però preparato da prima dal momento che - come ricorda il porporato nel libro - "il comunicato stampa (...) fu diffuso a tamburo battente". Il cardinale, tuttavia, non sembra farne una questione personale ma piuttosto una critica allo stile di governo del pontefice argentino dal momento che - sempre secondo Müller - era un modus operandi frequente in Vaticano e lo aveva sperimentato poco tempo prima lui stesso ai danni di alcuni suoi fidati collaboratori alla Congregazione per la dottrina della fede.

Troppo vicino a Ratzinger?

All'indomani del suo licenziamento, Benedetto XVI solidarizzò pubblicamente con l'uomo che aveva voluto all'ex Sant'Uffizio nel 2012 e lo fece in una lettera che venne pubblicata come prefazione ad un volume uscito per i suoi 70 anni. Lo elogiò per aver "difeso le chiare tradizioni della fede" e gli ricordò che "un sacerdote e soprattutto un vescovo e cardinale non va mai in pensione". Müller, infatti, nonostante all'epoca della rimozione avesse 69 anni e nonostante - come racconta nel libro - durante l'ultima udienza da prefetto avesse avuto la rassicurazione di Francesco di una nuova mansione da decidere dopo l'estate del 2017, è rimasto fino ad oggi senza alcun incarico attivo in Curia.

E il cardinale attribuisce l'origine della sua caduta in disgrazia proprio alla vicinanza personale e teologica a Ratzinger. "Per i teologi della cerchia papale io restavo sempre troppo pericolosamente più vicino alla linea di Ratzinger", ha scritto Müller raccontando anche alcuni aneddoti sul suo periodo alla guida dell'ex Sant'Uffizio.

Si legge nel libro: "Ricordo un’altra volta che pubblicai su 'L’Osservatore Romano' un articolo dettagliato sull’indissolubilità del matrimonio. Mi arrivò a stretto giro una telefonata di Andrea Tornielli, un giornalista italiano amico del Papa. All’epoca non era ancora entrato al Dicastero per la Comunicazione del Vaticano. Mi contattò per farmi sapere che la linea teologica che avevo espresso nel testo pubblicato sulla Amoris Laetitia non era certamente la stessa di Papa Francesco. Voleva sapere da me se il Pontefice mi aveva o meno dato il permesso di scrivere".

Bisogna ricordare che Müller era prefetto quando divennero pubblici i dubia su alcuni contenuti di Amoris Laetitia e rifiutò di rispondere, invitando i quattro cardinali firmatari - Raymond Burke, Carlo Caffarra, Walter Brandmüller, Joachim Meisner - ad evitare polarizzazioni. Tuttavia, già all'epoca, il porporato ribadì la sua contrarietà alla possibilità di concedere la comunione ai divorziati risposati.

No al Papa emerito

Nonostante lo stretto legame con Ratzinger, Müller non ha nascosto le sue perplessità sulla decisione della rinuncia e dell'adozione del titolo di Papa emerito. Nelle sue risposte alla giornalista Franca Giansoldati, il cardinale ha detto di rispettare "la decisione personale di Ratzinger, presa in coscienza, in libertà" nel 2013 ma al tempo stesso ha voluto sottolinearne tutte le criticità. "Le dimissioni hanno introdotto un’incrinatura del principio petrino dell’unità della fede e della comunione della Chiesa che non ha eguali nella storia e non è ancora stata elaborata dogmaticamente", ha detto il porporato raccontando poi di aver appreso la notizia della rinuncia dal suo confratello svizzero, il cardinale Kurt Koch e di esserci rimasto male per non essere stato tra i pochi informati prima dell'annuncio.

Sulle motivazioni che hanno portato a quel passo indietro, pur ammettendo di non conoscerle, il cardinale ha spiegato che all'epoca Benedetto XVI era anche fiaccato dalla "violenta campagna mediatica contro di lui" scatenatasi dopo la rimozione della scomunica ai quattro vescovi consacrati senza il permesso di Roma da Marcel Lefebvre e tra i quali c'era anche Richard Williamson, autore di dichiarazioni negazioniste di cui però Ratzinger non era stato messo al corrente. "Ricordo che in Germania Ratzinger veniva accusato sui media di essere vicino al nazionalsocialismo e di avere nutrito simpatie hitleriane", ha scritto il cardinale ricordando anche come questo fatto avesse provato duramente Benedetto XVI.

Ancora più problemi della rinuncia del 2013, secondo Müller, ha portato la coesistenza di un Papa regnante con un Papa emerito a poca distanza l'uno dall'altro, in Vaticano. "I due protagonisti - ha sostenuto il prelato - sono diventati, anche contro la loro volontà, un punto di attrazione per cattolici di orientamenti spirituali e teologici diversi o anche soltanto per simpatie umane".

Per il futuro, il porporato tedesco si è augurato che le condizioni di salute di un Papa non debbano portarlo alle dimissioni perché, ad esempio, "un Papa ammalato di cancro o di SLA offre testimonianza agli altri malati, trasmette loro speranza, amore e compassione".

Contro il cerchio magico di Bergoglio

E di dimissioni, Müller parlò anche con Francesco raccontando di avergli sconsigliato di emulare il suo predecessore ma al tempo stesso ammettendo, con ironia, di non confidare molta speranza sul fatto che il suo consiglio sarà ascoltato perché il Papa "per suo carattere, alla fine fa sempre il contrario di quello che gli si dice".

Nel suo libro, il cardinale ha messo nel mirino quelle che ritiene le storture di Bergoglio nel governo della Chiesa. In particolare, Müller ha denunciato l'esistenza di e una sorta di un "cerchio magico che gravita attorno a Santa Marta formato da persone che, a mio parere, non sono preparate dal punto di vista teologico". Il porporato ha anche messo in evidenza come, a suo parere, ci sia in Vaticano un potere parallelo in grado di scavallare i canali istituzionali che, secondo Müller, sarebbero "sempre meno consultati dal pontefice" a scapito di "quelli personali utilizzati persino per le nomine dei vescovi o dei cardinali".

Sempre sulle amicizie è arrivato un altro degli affondi più pesanti all'attuale pontificato. Müller, infatti, ha citato due casi che hanno fatto discutere in questi anni: quello del vescovo argentino Gustavo Zanchetta condannato per abusi sessuali su due seminaristi nel suo Paese e quello del prete italiano Mauro Inzoli condannato in Italia per abusi sessuali su minori.

Per il cardinale tedesco "le amicizie non possono influenzare il procedere della giustizia" e quindi tutti vanno trattati in modo uguale. A sostegno di questa tesi ha testimoniato quanto vissuto ai tempi del suo incarico alla Congregazione per la dottrina della fede.

Sul caso di don Inzoli, ha raccontato: "Il tribunale vaticano avviò un processo su di lui alla fine del quale si decise di ridurlo allo stato laicale perché fu riconosciuto colpevole di crimini. Purtroppo però vi fu un cardinale di curia che andò a bussare a Santa Marta, chiedendo clemenza. Davanti a questo interventismo il Papa si convinse e scelse di modificare la sentenza aggiustando la pena a Inzoli, stabilendo che rimanesse sacerdote ma con il divieto di indossare in pubblico l’abito sacerdotale o il clergyman e senza presentarsi alle comunità come consacrato".

Da questa testimonianza, l'accusa di un trattamento di favore per i sacerdoti italiani condannati per i quali, secondo il cardinale, era sempre difficile ottenere la riduzione allo stato laicale dal momento che "si muovevano dietro le quinte gli amici influenti che bussavano a Santa Marta andando dal Papa a chiedergli di intercedere. E alla fine ci riuscivano quasi sempre".

La reazione

Accuse pesanti quelle di Müller che di certo non teme di compromettere un rapporto ormai quasi inesistente con il Santo Padre. Il libro scritto con Franca Giansoldati arriva poco dopo il clamore provocato da un altro volume molto critico con Bergoglio, quello scritto da monsignor Georg Gaenswein con il vaticanista Saverio Gaeta ("Nient'altro che la verità", Piemme).

Müller e Francesco si sono incrociati poco più di una settimana fa al funerale di un altro prelato che non ha risparmiato critiche anche dure all'attuale pontificato, l'australiano George Pell.

Non si rivedranno, però, in occasione dei tradizionali esercizi spirituali quaresimali riservati alla Curia e ai cardinali residenti a Roma. Bergoglio, infatti, ha deciso di invitare i suoi collaboratori a vivere privatamente questo tempo di preparazione alla Pasqua.

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