Alla fine lo Shin Bet, le forze speciali della polizia e la cellula della Cia che ha aiutato Israele a scovare le prigioni di Hamas, non hanno salvato solo i quattro ostaggi, ma anche Bibi Netanyahu. Ancora poche ore e il primo ministro si sarebbe ritrovato ostaggio non di Hamas, ma di Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, i ministri dell'estrema destra messianica decisi a impedire la trattativa sugli ostaggi. Non che Bibi ci tenesse molto a sottoscriverla. Anche perché solo la continuazione del conflitto gli garantisce ormai la sopravvivenza politica. Ma per continuare a fare la guerra, tenersi buoni gli americani e non perdere l'appoggio dell'opinione pubblica, il premier ha un disperato bisogno della copertura politica assicuratagli a sinistra da Benny Gantz, l'ex-premier e rivale moderato entrato nel governo di emergenza dopo le stragi del 7 ottobre.
Ieri, però, quella copertura stava per cadere. Fedele all'ultimatum dello scorso 18 maggio Gantz attendeva la fine dello Shabbat per annunciare la propria uscita dal governo. Ma l'operazione condotta a Gaza da Yaman, le forze speciali della polizia israeliana coordinate dai servizi segreti interni (Shin Bet) e da una cellula dell'intelligence americana, ha cambiato le carte in tavola. E rovinato i piani di Gantz. Mollare tutto nel giorno in cui il Paese festeggiava uno dei pochi successi conseguiti in otto mesi di guerra equivaleva a sminuire il valore dell'operazione e disconoscere il valore di un esercito di cui è stato capo di Stato maggiore. Così non gli è rimasto altro che cancellare il discorso in cui avrebbe annunciato le dimissioni. Il tutto mentre un raggiante Netanyahu spiegava che «Israele non si arrende al terrorismo e agisce con una creatività e un coraggio senza limiti per riportare a casa i nostri ostaggi». Come dire che continuerà a rifiutare ogni accordo in cui si prefiguri la fine delle operazioni. Per Bibi insomma il successo di ieri conferma la bontà dell'azione militare e la necessità di proseguirla per salvare gli ostaggi.
In tutto questo chi sembrerebbe restare con il cerino in mano è un Joe Biden che da Parigi assicura di non voler rinunciare a una tregua. «Non ci fermeremo finché tutti gli ostaggi non torneranno a casa e sarà raggiunto il cessate il fuoco», dichiara il presidente americano facendo intendere come la tregua resti il suo principale obbiettivo. Ma molti osservatori fanno notare come la liberazione degli ostaggi preparata da settimane e coadiuvata dall'intelligence americana sia scattata con tempismo così perfetto da sembrare quasi sospetto. L'operazione eseguita in pieno giorno ha evitato «in extremis» un addio di Gantz che non avrebbe fatto cadere il governo di Netanyahu, ma avrebbe allargato il divario tra Israele e la Casa Bianca lasciando Bibi prigioniero dell'estrema destra. Ora però Netanyahu - riconquistata la copertura di Gantz e la fiducia di una parte dell'opinione pubblica - dispone di ulteriori ottime ragioni per respingere gli inviti americani alla moderazione, continuare le operazioni e rifiutare qualsiasi cessate il fuoco permanente.
Insomma s'è guadagnato un altro tempo supplementare in cui combattere a mani libere e ignorare le raccomandazioni di Biden. Che peraltro nessuno sa più dire se appartengano alla sfera della realtà o della finzione politica.
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